Donazioni e successioni di quote di società semplici immobiliari: applicabilità della valutazione "automatica"
In caso di donazione o successione di quote di una società semplice immobiliare, in assenza di bilancio o inventario, l’amministrazione finanziaria non può rettificare il valore degli immobili qualora quanto dichiarato sia almeno pari al cosiddetto valore “tabellare””.
Lo chiarisce l'Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 5 del 5 gennaio 2021 in relazione al caso di una donazione, fatta dallo zio ad un nipote, della nuda proprietà della quota di partecipazione in una società semplice immobiliare.
L’utilizzo della società semplice si pone come alternativa efficace per la gestione degli asset finanziari e immobiliari anche nell’ottica - più ampia - della pianificazione patrimoniale e successoria in ambito familiare.
Secondo l'articolo 16, comma 1, lettera b), del D.lgs. n. 346/1990, le quote di società devono essere valorizzate con riferimento al valore del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti. In questo caso, come è stato chiarito dalla Cassazione (n. 6915/2003 e n. 5282/2003), opera un’importante garanzia per il contribuente: il valore risultante dal bilancio non può essere rettificato dall’Amministrazione finanziaria a meno che la stessa non denunci (motivatamente) la inattendibilità delle poste di bilancio.
Qualora, invece, non vi siano bilanci o inventari a cui fare riferimento (evento non infrequente per le società semplici, le quali non svolgono attività commerciale e non sono tenute a pubblicare il bilancio), il valore della società si ottiene sommando i valori dei singoli beni e scorporando le passività deducibili (valutazione analitica).
Nella fattispecie prospettata dal contribuente, non vi era alcun bilancio pubblicato né un inventario, e si poneva il dubbio se si potesse estendere anche a questa ipotesi il limite al potere di rettifica stabilito dall’art. 34, comma 5, del D.lgs. 346/1990 per successioni e donazioni – dirette - di immobili. La norma in questione esprime il principio per cui l’Amministrazione finanziaria non può contestare il valore dichiarato degli immobili trasferiti qualora lo stesso sia almeno pari al valore “tabellare” (ottenuto moltiplicando la rendita catastale per determinati coefficienti), con l’unica eccezione dei terreni edificabili. Si tratta di un meccanismo che consente di far riferimento ad un valore determinabile a priori e generalmente inferiore al valore di mercato.
Sulla base di questi principi, in primo luogo, l’Agenzia delle Entrate ricorda che, in assenza di bilancio o inventario, per procedere alla valutazione analitica dei singoli beni immobili, è necessario fare riferimento al valore venale in comune commercio. In secondo luogo, conferma appunto la possibilità di applicare il limite al potere di rettifica di cui al citato art. 34 al caso di specie (nonché al caso della cessione di azienda, in quanto anche lì si opera una valutazione analitica dei beni).
Si tratta di chiarimenti di particolare rilevanza che potranno contribuire al crescente utilizzo da parte di molti clienti di questo veicolo societario per gestire la liquidità e gli investimenti anche alla luce delle recenti riforme in materia fiscale.
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