Sostenibilità e tutela del consumatore: quando i green claims rischiano di integrare pratiche commerciali scorrette
Introduzione
La prassi decisionale dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ("AGCM" ovvero "Autorità") e le recenti iniziative legislative a livello eurounitario indicano sempre più chiaramente come il tema della sostenibilità stia assumendo un ruolo ancor più centrale nelle scelte di acquisto dei consumatori e nelle attività dei policymaker, almeno nell'ambito dell'Unione europea.
Come noto, l'AGCM è l'autorità competente ad applicare la normativa in materia di tutela dei consumatori dettata dal d.lgs. 206/2005 (Codice del Consumo) e la repressione delle pratiche commerciali scorrette costituisce uno dei pilastri fondamentali dell'attività di public enforcement dell'AGCM.
Il contrasto a pratiche commerciali delle imprese che impieghino asserzioni e vanti ambientali – cd. green claims – scorretti ai sensi della normativa a tutela dei consumatori rappresenta una delle priorità dell'azione dell'AGCM.
Nell'esercizio dei poteri previsti dal Codice del Consumo, l'Autorità può irrogare sanzioni fino a 10 milioni di euro (e fino al 4% del fatturato in caso di infrazioni "diffuse" all'interno dell'Unione inflitte a norma dell'art. 21 del reg. UE 2017/2394) nei confronti delle imprese che utilizzino green claims scorretti e prescrivere altri rimedi, quali provvedimenti inibitori, anche in via d'urgenza. A tal fine l'Autorità è dotata di pervasivi poteri d'indagine, che comprendono il potere di disporre ispezioni e di chiedere informazioni e documenti.
L'utilizzo di green claims scorretti da parte di un'impresa può inoltre configurare un illecito civile e una condotta di concorrenza sleale ed esporre l'impresa al rischio di azioni dinanzi al giudice civile per l'inibizione della condotta e il risarcimento dei danni, sia nella forma di azioni follow-on (che seguono accertamenti di infrazione da parte dell'AGCM), sia nella forma di azioni stand-alone (che possono essere proposte da chiunque abbia interesse indipendentemente dall'avvio di procedimenti da parte dell'AGCM).
Il quadro normativo nazionale ed eurounitario
La normativa italiana in materia di tutela del consumatore vieta le pratiche commerciali scorrette nei rapporti tra professionista e consumatore, ossia le pratiche commerciali contrarie alla diligenza professionale che falsano o sono idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che esse raggiungono o al quale sono dirette (articoli 20 e ss. del Codice del Consumo).
Tra le pratiche commerciali scorrette vietate dal Codice del Consumo rientrano le pratiche ingannevoli, che possono presentarsi sotto forma di condotte commissive – laddove il professionista fornisca informazioni non rispondenti al vero o non trasparenti suscettibili di indurre in errore il consumatore medio – od omissive – qualora il professionista ometta di fornire informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno per prendere una decisione commerciale consapevole, ove tali condotte siano idonee a falsare il processo decisionale del consumatore. L’induzione in errore può riguardare il prezzo, la disponibilità sul mercato del prodotto, le sue caratteristiche, i rischi connessi al suo impiego, o altri elementi rilevanti per la scelta d'acquisto.
Tra le pratiche commerciali ingannevoli rientra l'utilizzo da parte dei professionisti di asserzioni ambientali che non rispecchiano la realtà o non risultano attendibili o comunque verificabili.
La lotta contro le pratiche di "greenwashing", che consistono appunto nell'utilizzo di asserzioni ambientali ingannevoli allo scopo di orientare le scelte d'acquisto dei consumatori, nonché l'obiettivo di permettere ai consumatori di assumere decisioni di natura commerciale pienamente consapevoli e contribuire in tal modo a modelli di consumo più sostenibili sono al centro dell'azione anche del legislatore eurounitario.
In questa direzione si pone la Direttiva 2024/825 (cd. Direttiva "Greenwashing"), entrata in vigore il 26 marzo 2024 e che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 27 marzo 2026.
La Direttiva 2024/825 ha introdotto, inter alia:
- la previsione secondo cui l'esibizione di “marchi di sostenibilità” non basati su un sistema di certificazione o che non siano stabiliti da autorità pubbliche rientra tra le pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali (la "black list" di cui all'allegato I della Direttiva 2005/29/CE);
- l'espresso divieto di utilizzare e diffondere dichiarazioni ambientali generiche, quali “rispettoso dell'ambiente", "ecocompatibile", "verde", “amico della natura”, ecologico”, "rispettoso dal punto di vista ambientale", "rispettoso dal punto di vista del clima", "che salvaguarda l’ambiente", "rispettoso in termini di emissioni di carbonio", "efficiente sotto il profilo energetico", "biodegradabile", "a base biologica" o asserzioni analoghe che suggeriscono o danno l’impressione di un’eccellenza delle prestazioni ambientali, in assenza di prove di un’eccellenza riconosciuta;
- l'espresso divieto di asserire, sulla base della compensazione delle emissioni di gas a effetto serra, che un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente in termini di emissioni di gas a effetto serra;
- limitazioni circa la formulazione di un’asserzione ambientale relativa a prestazioni ambientali future, che dovrà necessariamente includere impegni chiari, oggettivi, pubblicamente disponibili e verificabili stabiliti in un piano di attuazione dettagliato e realistico che includa obiettivi misurabili e con scadenze precise ed elementi pertinenti necessari per sostenerne l’attuazione, e che sia verificato periodicamente da un terzo indipendente, le cui conclusioni sono messe a disposizione dei consumatori.
Inoltre, è al vaglio del legislatore europeo una proposta di Direttiva sulle asserzioni ambientali (cd. Direttiva "Green Claims"), presentata dalla Commissione europea in data 22 marzo 2023 e approvata in prima lettura dal Parlamento europeo il 12 marzo 2024 (COM(2023)0166). La proposta di Direttiva, attualmente all'esame del Consiglio dell'Unione europea, stabilisce i requisiti minimi in materia di attestazione e comunicazione delle asserzioni ambientali formulate su base volontaria e in materia di etichettatura ambientale nelle pratiche commerciali tra imprese e consumatori.
Secondo la proposta di Direttiva, i professionisti, prima di comunicare al pubblico un vanto ambientale, dovranno effettuare una valutazione volta ad attestare le asserzioni ambientali esplicite. Tale attestazione dovrà, tra l'altro, (i) precisare se l'asserzione si riferisce all'intero prodotto, a una parte di un prodotto o a determinati aspetti di un prodotto, o a tutte le attività di un professionista o a una determinata parte o aspetto di tali attività; (ii) basarsi su prove scientifiche ampiamente riconosciute; (iii) dimostrare che gli impatti ambientali, gli aspetti ambientali o le prestazioni ambientali oggetto dell'asserzione sono significativi dal punto di vista del ciclo di vita del prodotto; (iv) tenere conto, nel caso di un'asserzione sulle prestazioni ambientali, di tutti gli aspetti o impatti ambientali significativi ai fini della valutazione delle prestazioni ambientali.
La proposta di Direttiva prevede altresì che l'attestazione svolta dal professionista sull'asserzione ambientale sia verificata e certificata come conforme alle prescrizioni della (proposta di) direttiva da un ente terzo prima della comunicazione al pubblico. L'ente terzo è un organismo ufficialmente accreditato (il "verificatore"), indipendente dalle imprese che utilizzano le asserzioni ambientali, che dispone delle competenze, delle attrezzature e delle infrastrutture necessarie per effettuare le verifiche ex ante delle indicazioni ambientali formulate dall'impresa che intende utilizzarle.
Laddove l'asserzione presentata, a valle della verifica, risulti conforme alle prescrizioni della (proposta di) direttiva, l'ente verificatore rilascia un certificato di conformità. Questo certificato sarà riconosciuto in tutta l'UE, condiviso tra gli Stati membri attraverso il sistema di informazione del mercato interno, e consentirà alle imprese di utilizzare l'asserzione in una comunicazione commerciale rivolta ai consumatori in tutto il mercato interno.
La prassi decisionale nazionale dell'AGCM
Sempre più numerosi sono gli interventi dell'AGCM volti a reprimere l'uso non corretto di green claims con l'avvio di procedimenti che hanno portato all'irrogazione di sanzioni nei confronti di imprese attive in vari settori, in ragione della scorrettezza delle asserzioni utilizzate dai professionisti sui propri siti web, sul packaging dei propri prodotti o in pubblicità diffuse attraverso stampa quotidiana e periodica, internet, cinema, radio, affissioni fisse e mobili, allestimento di stazioni di rifornimento del carburante e distribuzione di brochure. Altri procedimenti si sono invece conclusi con la modifica della condotta da parte dell'impresa per effetto dell'assunzione di impegni o della moral suasion esercitata dall'Autorità.
Nei suoi interventi l'Autorità:
- ha sanzionato imprese attive nel settore del trasporto merci per aver utilizzato, sui siti Internet, nelle comunicazioni ai clienti e nelle certificazioni sulle emissioni, dichiarazioni ambientali (quali tra le altre "100% energia verde nelle nostre strutture", "Veicoli per le consegne a zero emissioni", "Edifici realizzati secondo elevati standard di sostenibilità") ritenute ambigue e/o presentate in modo non sufficientemente chiaro, specifico, accurato, inequivocabile e verificabile, anche in ragione della commistione tra le nozioni di compensazione e riduzione delle emissioni. Inoltre, secondo l'Autorità tali imprese avrebbero imposto ai propri clienti l'adesione ad un progetto volto a favorire iniziative di sostenibilità ambientale, lasciando intendere che le stesse avrebbero sopportato gli oneri economici per finanziarlo, quando al contrario gli oneri economici sarebbero stati ribaltati sui clienti e le imprese vi avrebbero tratto profitto;
- ha concluso positivamente un'attività di moral suasion che ha portato alla modifica delle asserzioni e vanti ambientali indicati sui rispettivi siti web da imprese operanti nel settore dei veicoli elettrici per la mobilità urbana, poiché ritenuti potenzialmente scorretti ai sensi della disciplina a tutela dei consumatori. I green claims in questione vertevano sull'assenza di emissioni o di impatto sull'ambiente, o sulla totale sostenibilità ambientale di tali veicoli elettrici, ed erano formulati in termini generici come, per esempio, "100% sostenibile", "100% Green", "Zero emissioni", "ECO";
- ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti di un'impresa attiva nel settore del cosiddetto "fast fashion" o "super fast fashion" per avere utilizzato dei messaggi promozionali relativi alla sostenibilità dei propri capi di abbigliamento potenzialmente ingannevoli e/o omissivi. Tra le asserzioni potenzialmente scorrette, vi sarebbe l'affermazione da parte dell'impresa di un generico impegno nel processo di decarbonizzazione delle proprie attività, che non troverebbe tuttavia riscontro nelle evidenze sull'incremento delle emissioni di gas serra indicate nei rapporti sulla sostenibilità dell'impresa;
- ha sanzionato un'impresa del settore avicolo, per essersi attribuita sul proprio sito web dei vanti, ritenuti ingannevoli, relativi all'integrale produzione agricola delle derrate/materie prime utilizzate per la realizzazione dei mangimi biologici e all'origine totalmente italiana delle derrate/materie prime per l'alimentazione degli animali;
- ha rilevato la potenziale scorrettezza di un vanto ambientale di emissioni più basse di anidride carbonica, inserito da un'agenzia di viaggi online all'interno di una sezione del proprio sito dedicata ad uno specifico abbonamento a pagamento cd. "Prime". Il claim, secondo l'Autorità, avrebbe in questo modo suggerito in maniera ingannevole che tali minori emissioni caratterizzassero il volo con la tariffa "Prime", mentre, in realtà, tale caratteristica si riferiva ad una specifica combinazione di voli aerei, a prescindere dalla tariffa utilizzata. In questo caso il procedimento si è concluso con l'accettazione degli impegni presentati dall'impresa;
- ha sanzionato un'impresa per aver introdotto una cosiddetta "quota aria pulita" – "clean air fee" – a carico degli utenti che prenotassero una corsa taxi mediante un'apposita piattaforma internet o la relativa app per dispositivi mobili, senza tuttavia specificarne con chiarezza il costo, la natura, le sue finalità e le condizioni dell'addebito;
- ha irrogato una sanzione (poi annullata dal Consiglio di Stato) nei confronti di una società attiva nella produzione, trasporto, trasformazione e commercializzazione dei derivati del petrolio e gas naturale, per aver diffuso dei messaggi pubblicitari e materiale informativo per la promozione del proprio carburante, ritenuti ingannevoli in quanto riportavano informazioni non veritiere rispetto alle caratteristiche del carburante, in termini di risparmio dei consumi e riduzioni delle emissioni gassose, nonché al positivo impatto ambientale connesso al suo utilizzo;
- ha sanzionato alcune imprese per aver pubblicizzato come ecocompatibili dei pannolini per bambini in realtà privi di tali caratteristiche. Le imprese avevano in particolare apposto sul packaging dei prodotti e indicato sui propri siti web vanti ambientali di ecocompatibilità, quali la biodegradabilità, la compostabilità, la batteriostaticità e l’origine naturale delle materie prime impiegate, in realtà non riconducibili a tali prodotti;
- ha sanzionato un'impresa attiva nella produzione e commercializzazione di bevande non alcoliche per aver utilizzato asserzioni ambientali non veritiere riguardanti la pretesa riduzione di emissioni di CO2 e di utilizzo di petrolio direttamente collegato alla produzione di una bottiglia, definita "Bio Bottle", per la commercializzazione dell’acqua minerale prodotta con bioplastiche;
- ha sanzionato un'impresa attiva nella produzione, imbottigliamento, distribuzione e vendita di acque e bevande per aver utilizzato in maniera ingannevole a fini pubblicitari la sua adesione a un progetto ambientale finalizzato alla compensazione delle emissioni di CO2 connesse alla produzione di un determinato quantitativo di bottiglie.
Conclusioni
Il contrasto a pratiche commerciali di greenwashing consistenti nell'uso scorretto di claim ambientali rappresenta non solo l'obiettivo di nuove misure legislative a livello eurounitario, alcune delle quali già in vigore, ma anche una chiara priorità dell'azione di public enforcement in materia di tutela dei consumatori da parte dell'AGCM.
È perciò importante che le imprese che intendono impiegare asserzioni e vanti ambientali – che possono riguardare tanto le caratteristiche dei prodotti o servizi, quanto l'impegno dell'impresa in materia di sostenibilità o altri claim inerenti all'ambito "green" – si dotino di procedure idonee e valutino l'adozione di appositi programmi di compliance o la revisione dei programmi già in essere al fine di tener conto del rischio specifico della violazione della normativa a tutela del consumatore e delle conseguenze (reputazionali, sanzionatorie, risarcitorie, impatti operativi sui modelli di business, ecc.) che ne possono derivare.