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12 dicembre 20244 minuti di lettura

UPC: la prima decisione in materia di contraffazione per equivalenti

Lo scorso 22 novembre la Divisione Locale dell'Aia ha reso la prima decisione dell'UPC in materia di contraffazione per equivalenti. La vertenza aveva per oggetto sia la violazione che la validità di un brevetto relativo ad un dispositivo che si avvale di biomasse per generare energia elettrica.

Con riferimento alla violazione, l'attrice ha domandato l'accertamento della contraffazione letterale e, in subordine, della contraffazione per equivalenti.

Ritenuto valido il brevetto ed esclusa la sua contraffazione letterale, il Tribunale si è soffermato sull'accertamento della contraffazione per equivalenti. A tale fine, in assenza di specifiche disposizioni in materia nell'UPCA, i giudici hanno fatto ricorso all'articolo 69 EPC - secondo il quale l'ambito di protezione conferito da un brevetto europeo deve essere determinato dalle rivendicazioni, tenendo conto dei disegni e della descrizione - e al relativo protocollo interpretativo, che chiarisce come la norma debba essere interpretata in modo da garantire al contempo un'equa protezione per il titolare della privativa e un ragionevole grado di certezza giuridica per i terzi. Dunque, per determinare l'estensione della protezione brevettuale, è necessario tenere conto di qualsiasi aspetto che risulti equivalente a un elemento specificato nelle rivendicazioni.

Nel caso di specie, la contraffazione letterale era stata esclusa unicamente per l'ubicazione dell'anodo nel dispositivo della convenuta. Infatti, nell'invenzione oggetto del brevetto, l'anodo si trovava vicino alle radici della pianta; nella batteria della convenuta esso era invece collocato sul fondo, molto al di sotto delle radici.

Al fine di valutare l'equivalenza, la Divisione dell'Aia ha adottato un nuovo test, che interviene in modo dirompente nella consolidata giurisprudenza e nell'orientamento maggioritario della dottrina italiana e non. Infatti, fin dalle prime decisioni rese in materia, le Corti nazionali dei Paesi aderenti all'UPCA si sono avvalse perlopiù di due test: FWR test (Function-Way-Result) e test dell'ovvietà. Adottando il primo, sono considerate equivalenti quelle soluzioni che svolgono la stessa funzione, nello stesso modo e che consentono di ottenere lo stesso risultato finale. Impiegando il secondo metodo, invece, l'equivalenza sussiste ogni volta che la caratteristica modificata sia un sostituto ovvio di quella rivendicata.

Il test adottato dalla Corte si articola invece in quattro passaggi, e l'accertamento della contraffazione per equivalenti avverrà ogniqualvolta tutti i passaggi avranno esito positivo.

Secondo il test introdotto dall'UPC, un primo aspetto da vagliare concerne l'equivalenza tecnica. In particolare, è necessario chiedersi se la variante risolva lo stesso problema tecnico affrontato dall'invenzione brevettata e svolga la medesima funzione.

In secondo luogo, sarà fondamentale valutare le implicazioni, in termini di equa protezione per il titolare del diritto, che avrebbe l'estensione della rivendicazione agli equivalenti e domandarsi se l'applicazione dell'elemento equivalente sarebbe ovvia per un esperto del ramo, leggendo la domanda di brevetto come pubblicata, al momento della pretesa violazione.

Il terzo step attiene alla ragionevole certezza giuridica per i terzi: bisognerà domandarsi se l'esperto del ramo possa comprendere, dalla lettura del brevetto, che l'ambito di protezione dell'invenzione è più ampio rispetto a quanto letteralmente rivendicato e se ciò possa compromettere la certezza giuridica per i terzi.

Da ultimo, sarà necessario verificare se il prodotto contestato sia nuovo e dotato di altezza inventiva rispetto allo stato dell'arte.

Nel caso in esame, seguendo l'iter logico sopra delineato, il Tribunale ha ritenuto sussistente la fattispecie di contraffazione per equivalenti.

La Divisione Locale ha così concesso l''ordine di inibitoria nei Paesi di validità del brevetto, ovvero Benelux, Francia, Germania e Italia; inoltre, ha ordinato alla convenuta il ritiro definitivo dal commercio dei dispositivi ritenuti interferenti, disponendone la loro distruzione.

Al riguardo, merita osservare come parte attrice avesse sottoposto al tribunale un testo specifico che la convenuta avrebbe dovuto adottare per comunicare il ritiro dei dispositivi contraffatti dal commercio e per informare il mercato della violazione; la Corte ha accolto questa proposta, sottolineando l'importanza di adottare un wording specifico, proposto dall'attrice e rivisto dal Tribunale, per assicurare l'efficacia della misura ed evitare di diffondere messaggi ambigui che possano ingenerare confusione. In aggiunta, il Tribunale ha ordinato la pubblicazione di una comunicazione predefinita sull'home page del sito web della società convenuta, disponendo che quest’ultima fornisse prove documentali dell’effettivo invio delle comunicazioni al mercato.

La decisione in esame segna un punto di svolta nella giurisprudenza brevettuale. Ciò non solo per l'adozione del test finalizzato all'accertamento della contraffazione per equivalenti, che costituisce senz'altro un precedente interessante anche nel panorama della giurisprudenza nazionale, ma anche per le modalità con le quali la Corte ha disposto l'attuazione di una serie di misure accessorie. Tali modalità suggeriscono una riflessione su come spesso tali misure vengano disposte ed attuate nei procedimenti nazionali.