Aggiungi un segnalibro per cominciare

Abstract_Lights_P_0152
7 novembre 202423 minuti di lettura

Innovation Law Insights

7 novembre 2024
Evento

Governare l'Intelligenza Artificiale: il 21 novembre l'VIII Digital Legal Day

Giovedì 21 novembre alle ore 16 si terrà il Digital Legal Day, organizzato dal nostro studio in collaborazione con la Camera di Commercio Italo-Germanica (AHK Italien), giunto alla sua ottava edizione. L'evento, ospitato presso l'Auditorium dello studio di Milano, offrirà un’occasione per riflettere sugli impatti concreti del nuovo European AI Act per imprese e organizzazioni, a sei mesi dalla sua approvazione, e su come tale regolamento stia accelerando l'innovazione nel settore legale. L'incontro sarà aperto dall'On. Brando Benifei, Eurodeputato e co-relatore dell'AI Act, che discuterà degli sviluppi della legge a livello europeo con Giulio Coraggio, Partner e Head of Intellectual Property & Technology di DLA Piper. Potete consultare l'agenda dell'evento e procedere con l'iscrizione QUI.

 

Podcast

Le sfide legali del Data Act con Stefano Leucci di Mobilisights

In questa puntata di Diritto al Digitale, Giulio Coraggio, Location Head del dipartimento italiano di Intellectual Property & Technology dello studio legale DLA Piper, si confronta con Stefano Leucci, Head of Data Protection and Governance di Mobilisights, la data company del gruppo Stellantis, per esplorare il dinamico mondo della condivisione dei dati e l'impatto del Data Act sulle imprese che sfruttano l'Internet of Things e le tecnologie connesse. Potete ascoltare QUI.

 

Artificial Intelligence

Agenti di intelligenza artificiale: Implicazioni legali dell'intelligenza artificiale autonoma

Il mondo dell'intelligenza artificiale (AI) è in rapida evoluzione e una nuova pietra miliare è stata raggiunta con il lancio di agenti AI avanzati che comportano importanti implicazioni legali.

Questi agenti sono pronti a trasformare la nostra interazione con la tecnologia, non solo rispondendo ai comandi di testo, ma anche eseguendo azioni sui nostri computer come farebbe un essere umano: spostare il cursore, digitare, cliccare e leggere lo schermo. Immaginate un futuro in cui il vostro computer non si limita a rispondere alle vostre domande, ma vi assiste attivamente navigando nelle finestre, compilando moduli e gestendo le vostre attività. Se da un lato questo rappresenta un progresso significativo nella tecnologia dell'intelligenza artificiale, dall'altro comporta una serie di sfide legali che devono essere affrontate con attenzione.

Oltre il testo: Cosa fanno gli agenti AI avanzati?

I chatbot AI tradizionali si limitano a rispondere entro i confini del testo. Tuttavia, la nuova generazione avanzata di agenti AI si libera da questa limitazione. Gli sviluppatori possono ora programmare AI che interagiscono direttamente con l'ambiente informatico, automatizzando compiti ripetitivi e banali. Sebbene questi sistemi siano ancora in fase embrionale - soggetti a errori e operanti a velocità ridotte - segnano l'inizio di un passaggio verso agenti di IA che gestiscono autonomamente attività più complesse.

Ad esempio, un agente AI potrebbe raccogliere informazioni dal computer e compilare moduli senza l'intervento umano. Questo potrebbe sembrare banale, ma le implicazioni sono di vasta portata. Queste capacità potrebbero rivoluzionare la produttività, scaricando le attività di routine dagli esseri umani agli agenti di AI, consentendo agli individui di concentrarsi su attività più strategiche e creative.

Diversi colossi tecnologici e startup stanno investendo in tecnologie simili di agenti AI. Ciò che distingue questi agenti è la loro capacità di agire al di là del testo, interfacciandosi direttamente con i sistemi informatici per gestire progetti intricati con maggiore autonomia.

Problemi di privacy e sicurezza degli agenti di IA

L'avvento di agenti di AI in grado di gestire i nostri computer solleva notevoli problemi per la privacy e sicurezza. Per funzionare efficacemente, questi agenti richiedono l'accesso diretto ai nostri dispositivi, con il rischio di violazione dei dati e di trasmissione non autorizzata. Ci sono stati casi in cui le aziende hanno ritardato il lancio di funzionalità simili a causa di problemi di sicurezza. Garantire che i dati degli utenti siano protetti e utilizzati in modo sicuro è fondamentale nel panorama legale dell'AI.

Inoltre, la concessione di un accesso così vasto agli agenti AI potrebbe esporre inavvertitamente informazioni personali o aziendali sensibili. Senza solide misure di sicurezza, aumenta il rischio di sfruttamento malevolo da parte di criminali informatici che potrebbero dirottare questi agenti per scopi nefasti.

Questo momento cruciale nel futuro dell'intelligenza artificiale avviene a pochi giorni dall'evento dell'European Data Protection Board dedicato ai modelli di intelligenza artificiale. Si spera che le autorità preposte alla protezione dei dati comprendano che l'intelligenza artificiale generativa, compresi gli agenti avanzati di AI, è il futuro della nostra economia. È necessario trovare soluzioni per bilanciare adeguatamente la protezione delle persone e lo sfruttamento di queste tecnologie all'interno del quadro giuridico.

La responsabilità non può ricadere solo sui fornitori di AI generativa. I potenziali abusi sono compiuti da coloro che utilizzano tali tecnologie e che potrebbero non avere una chiara comprensione dei limiti legali entro i quali tali tecnologie dovrebbero essere utilizzate.

Potenziale uso improprio degli agenti di IA

La potenza degli agenti avanzati di AI apre anche la porta a potenziali abusi. Le capacità di navigazione autonoma potrebbero essere sfruttate per attività come lo spamming, il phishing o la generazione di contenuti creati dall'AI su larga scala che inondano gli spazi digitali. La facilità con cui questi agenti possono eseguire i compiti potrebbe consentire la rapida diffusione di disinformazione o la creazione di schemi fraudolenti.

Questo scenario sottolinea la necessità di una gestione chiara e responsabile, che deve essere attuata definendo un quadro di governance interna dell'AI, che porti a regole interne precise e a barriere tecniche nell'uso dell'AI. Gli sviluppatori e le aziende devono implementare misure di salvaguardia per prevenire gli abusi, come protocolli di autenticazione rigorosi, limiti di utilizzo e sistemi di monitoraggio per rilevare e bloccare le attività sospette, il tutto entro i confini legali.

Sfide legali da affrontare

Con l'emergere di agenti di AI così potenti, le aziende che adottano queste tecnologie devono affrontare diverse sfide legali che richiedono attenzione:

  • Protezione dei dati e della privacy: Come possiamo garantire che gli agenti di AI non accedano o trasmettano dati personali al di fuori del controllo dell'azienda e senza la relativa base legale? La conformità alle leggi sulla protezione dei dati come il GDPR diventa ancora più critica nell'ambito dell'AI.
  • Problemi di responsabilità: Nei casi in cui un agente di AI commette un errore o causa un danno, la determinazione della responsabilità diventa complessa. È lo sviluppatore, l'utente o l'agente di AI stesso? Questo pone importanti questioni legali che necessitano di risposte chiare.
  • Diritti di proprietà intellettuale: Gli agenti di intelligenza artificiale che creano contenuti o raccolgono dati da varie fonti possono violare i diritti di proprietà intellettuale, dando luogo a controversie legali.
  • Conformità normativa: Le leggi esistenti potrebbero non coprire adeguatamente le capacità degli agenti avanzati di AI. È urgente la necessità di una normativa aggiornata che affronti queste nuove tecnologie di AI all'interno dell'attuale sistema legale.

Guardare oltre la “casella di testo”

Il passaggio da un'AI basata sul testo ad agenti in grado di interagire con i nostri computer è una svolta epocale. Anche se le versioni attuali possono essere imperfette, i continui miglioramenti consentiranno a questi agenti di AI di gestire compiti sempre più complessi. Possiamo prevedere un futuro in cui gli agenti di AI gestiranno appuntamenti, compileranno moduli, risponderanno alle e-mail e cureranno persino notizie personalizzate senza alcun input manuale.

Tuttavia, per abbracciare questo futuro è necessario affrontare le relative implicazioni legali ed etiche. La sicurezza, la privacy e l'uso etico non sono solo sfide tecniche, ma anche legali che richiedono la collaborazione tra tecnologi, esperti legali, politici e società in generale.

Conclusione

L'avvento di agenti avanzati di AI preannuncia un nuovo entusiasmante capitolo della tecnologia dell'intelligenza artificiale, che offre una convenienza e un'efficienza senza precedenti. Tuttavia, comporta anche sfide legali significative che non possono essere trascurate. Affrontare questi problemi è fondamentale per sfruttare appieno il potenziale degli agenti di IA, salvaguardando i diritti degli utenti e mantenendo la fiducia del pubblico.

Nel momento in cui ci troviamo all'apice di questa rivoluzione tecnologica dell'intelligenza artificiale, è imperativo impegnarsi in un dialogo aperto e in una politica proattiva. In questo modo, possiamo garantire che l'integrazione degli agenti di AI nella nostra vita quotidiana sia vantaggiosa e responsabile all'interno del quadro giuridico.

Come già detto, qualunque sia la soluzione di AI che un'azienda voglia adottare, un passo cruciale nell'adozione riguarda la creazione di un quadro di governance dell'AI. Non esitate a contattarci per qualsiasi domanda sull'argomento e provate il nostro strumento PRISCA AI Compliance descritto QUI.

Su un argomento simile, può essere di interesse l'articolo "Governance dell’AI, etica e privacy con Giorgia Vulcano di Anheuser-Busch InBev".

Autore: Giulio Coraggio

 

Data Protection & Cybersecurity  

La Direttiva NIS2 è diventata applicabile – Cosa fare per conformarsi?

Il 16 ottobre scorso è entrato in vigore il D.Lgs. 138/2024, che recepisce la Direttiva NIS2.

Nei prossimi mesi, i soggetti tenuti a conformarsi con la nuova normativa devono adottare una serie di misure per garantire il rispetto degli obblighi previsti dalla Direttiva.

Che cos'è la Direttiva NIS2?

La Direttiva NIS2, che sostituisce la precedente Direttiva NIS1, è parte della Strategia dell’Unione Europea per rafforzare la sicurezza informatica e stabilire standard comuni per i servizi e le infrastrutture critiche.

Questa normativa riflette la crescente consapevolezza del rischio che la criminalità informatica rappresenta per la stabilità economica e sociale dell’Unione, promuovendo la collaborazione tra stati membri per elevare gli standard di sicurezza informatica.

Tra gli obblighi principali, la Direttiva NIS2 prevede:

  • L'adozione di misure di gestione del rischio di cybersecurity proporzionate e adeguate secondo un approccio multirischio;
  • L'implementazione di una due diligence nella catena di approvvigionamento, garantendo che anche i propri fornitori adottino buone pratiche di cybersecurity;
  • La segnalazione in tre fasi degli "incidenti significativi", eseguendo una prima notifica entro 24 ore dalla conoscenza dell'incidente;
  • La responsabilità personale dei membri degli organi direttivi e amministrativi.

Quali soggetti rientrano nell'ambito di applicazione della Direttiva NIS2?

Per determinare se un soggetto rientra nell’ambito della Direttiva NIS2, è essenziale verificarne l’appartenenza a uno dei settori identificati.

La portata della NIS2 è significativamente più ampia rispetto a quella della Direttiva NIS1 ed include settori come quello dei servizi gestiti e dei servizi di sicurezza gestiti, dei social media, della gestione di rifiuti, dei prodotti alimentari, dei servizi di cloud computing, dell'energia e molti altri.

Tuttavia, appartenere ad uno dei settori previsti dalla Direttiva NIS2 non è di per sé determinante. Per rientrare nel campo di applicazione della NIS2. Difatti è necessario che il soggetto appartenente ai settori di cui alla NIS2 fornisca i propri servizi nell'UE e raggiunga le soglie per essere considerata una "media impresa", secondo la definizione prevista dalla Raccomandazione 2003/361/CE.

Tuttavia, per i soggetti che non raggiungono le suddette soglie, la Raccomandazione considera anche il rapporto con altre imprese "collegate" o "associate". In sostanza, ciò significa che anche le organizzazioni più piccole possono rientrare nel campo di applicazione della Direttiva NIS2 se possono essere considerate legate a un'altra organizzazione in virtù di fattori quali i diritti di voto della società madre o degli azionisti comuni, o l'esercizio di un'influenza dominante su un'impresa collegata o associata.

Prossimi passi

Secondo i criteri di applicazione della NIS 2 descritti sopra, i soggetti obbligati a conformarsi dovranno registrarsi sulla piattaforma digitale che l’ACN metterà a disposizione a partire dal 1° dicembre 2024. Per alcune categorie, come fornitori di servizi di sistema dei nomi di dominio, fornitori di servizi di cloud computing, fornitori di mercati online e altre, è previsto un termine più ristretto per la registrazione, fissato al 17 gennaio 2025.

Le modalità operative per la registrazione saranno definite in un apposito provvedimento attuativo dell'ACN. Questa registrazione è essenziale per consentire all'ACN di censire i soggetti che operano nei settori monitorati e di offrire loro supporto nell’implementazione degli obblighi previsti dalla NIS2.

La mancata registrazione comporterà una sanzione amministrativa fino allo 0,1% del fatturato annuo globale del soggetto inadempiente.

Resta ferma la possibilità per ACN di individuare ulteriori soggetti ritenuti critici. Tali soggetti riceveranno una specifica comunicazione diretta, a valle della quale potranno procedere con la registrazione.

A seguito della registrazione, nel mese di aprile 2025, i soggetti registrati riceveranno una comunicazione per confermare, o meno, il loro l’inserimento nell’elenco dei soggetti NIS.

Prossimi provvedimenti attuativi della Direttiva NIS2

L'ACN ha pubblicato una timeline dettagliata dei provvedimenti attuativi che verranno adottati nei prossimi mesi, per assicurare la piena applicazione della Direttiva NIS2. In particolare:

  • Entro 30 gg dall'entrata in vigore del D.Lgs. 138/2004:
    • DPCM sui criteri per l'applicazione della clausola di salvaguardia;
    • DPCM su eventuali ulteriori specifiche dei settori;
    • Determinazione ACN su modalità di accesso alla piattaforma e informazioni aggiuntive che i soggetti devono condividere;
    • Determinazione ACN su individuazioni governative di soggetti in ambito di applicazione NIS anche in assenza dei requisiti dimensionali prescritti. 
  • Entro il 31 marzo 2025:
    • Determinazione ACN che dispone l’applicazione della clausola di salvaguardia, se necessaria;
    • Determinazione ACN con elenco dei soggetti NIS.
  • Entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 138/2004:
    • DPCM su criteri, procedure e modalità per le attività di monitoraggio, vigilanza ed esecuzione;
    • DPCM su modalità di applicazione degli strumenti deflattivi del contenzioso;
    • Determinazione ACN su politica nazionale di divulgazione coordinata delle vulnerabilità;
    • Determinazione ACN su modalità di notifica ad ACN degli accordi di condivisione tra soggetti;
    • Determinazione ACN su obblighi di base.

Conclusioni

L’entrata in vigore della Direttiva NIS2 rappresenta una svolta significativa per la sicurezza informatica nell’Unione Europea, estendendo la protezione a settori sempre più strategici e vulnerabili. Per le imprese interessate, conformarsi a questi nuovi requisiti richiede un’approfondita valutazione interna e l’adozione di misure proattive di cybersecurity. È essenziale che le organizzazioni inizino sin da subito a verificare se rientrano nei nuovi criteri della Direttiva, effettuando le valutazioni necessarie e preparandosi all’imminente registrazione sulla piattaforma ACN.

Su un argomento simile può essere d'interesse l'articolo "Il recepimento della Direttiva NIS2 in Italia".

Autrice: Cristina Criscuoli

 

Intellectual Property

Fatture ingannevoli per i diritti IP: nuova sentenza del Tribunale di Monaco

A settembre 2024, il Tribunale di Monaco, in Germania, ha emesso una sentenza storica, dichiarando tre imputati colpevoli di frode commerciale di gruppo. Il caso riguardava fatture ingannevoli inviate ai clienti dell’EUIPO, studiate per somigliare a notifiche ufficiali di pagamento delle tasse relative alle registrazioni dell’UE. Ciascun imputato ha ricevuto una condanna a un anno e dieci mesi di reclusione, sospesa con tre anni di libertà vigilata. Inoltre, il tribunale ha ordinato la confisca di quasi 200.000 €, pari al totale che i truffatori avevano illegalmente ottenuto, da destinare al risarcimento delle persone danneggiate.

Questa sentenza stabilisce un importante precedente legale per il diritto di proprietà intellettuale nell’UE, segnando solo la seconda volta in cui un tribunale penale dell’UE ha qualificato l’invio di richieste di pagamento ingannevoli agli utenti dei sistemi di proprietà intellettuale come frode. La decisione non solo conferma gli sforzi dell’EUIPO per proteggere i propri clienti da questi schemi fraudolenti, ma apre anche la strada a ulteriori indagini e azioni legali in altre giurisdizioni dell’UE.

Il caso è iniziato nel dicembre 2020, quando l’EUIPO si è rivolto alle autorità tedesche dopo aver ricevuto numerose segnalazioni da parte dei clienti in merito a fatture sospette. In questo caso, lo schema fraudolento, operato sotto il nome di “IP Register UG,” includeva lettere inviate ai clienti dell’EUIPO con il titolo ingannevole “European IP Register.” Le lettere riportavano un “importo totale dovuto,” scadenze di pagamento e coordinate bancarie, imitando le notifiche ufficiali di pagamento dell’EUIPO. Solo in piccolo, appena leggibile in fondo alle lettere, il pagamento veniva descritto come una proposta e non come una fattura ufficiale.

Tra novembre 2020 e aprile 2021, lo schema ha fruttato circa 200.000 € da parte di clienti inconsapevoli, evidenziando la necessità di essere vigili contro tali richieste ingannevoli.

Questo caso si unisce a una sentenza simile emessa in Svezia nel 2017, in cui gli imputati sono stati condannati per frode aggravata per schemi analoghi. Questi casi rafforzano l'idea che le richieste di pagamento fraudolente nel campo della proprietà intellettuale costituiscano una frode.

Fate attenzione alle richieste di pagamento ingannevoli

Per proteggere meglio gli utenti, l’EUIPO e il WIPO hanno reso disponibili dei database consultabili di lettere ed e-mail di truffa sui propri siti web. Questi database, aggiornati regolarmente e condivisi sui social media, aiutano gli utenti dell’EUIPO e del WIPO a rimanere informati sulle attività fraudolente. Proteggete i vostri investimenti in proprietà intellettuale verificando ogni comunicazione con i vostri consulenti.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Acquisto di prodotti contraffatti e pirateria online: il nuovo report EUIPO”.

Autrice: Tamara D'Angeli

 

La Corte d'Appello di Bologna conferma la necessità di autorizzazione per l’uso commerciale delle immagini storiche

La recente sentenza della Corte d'Appello di Bologna del 24 settembre 2024 rafforza l’importanza del Codice dei Beni Culturali (“CBC”) nel disciplinare l’uso commerciale delle immagini del patrimonio culturale. Questa decisione sottolinea come la protezione dei beni culturali italiani si intrecci con le esigenze del diritto commerciale.

Il Codice dei Beni Culturali e la Valorizzazione delle Immagini Storiche

La giurisprudenza italiana ha consolidato negli anni l'obbligo di richiedere un'autorizzazione per l'uso a scopo di lucro di immagini o simboli del patrimonio culturale nazionale. Gli articoli 107 e 108 del CBC stabiliscono che ogni utilizzo commerciale di beni culturali richiede il consenso preventivo dell'autorità competente e un compenso, determinato in base al tipo di utilizzo e ai benefici economici generati. Questo principio è stato al centro del caso che ha visto un produttore di Aceto Balsamico di Modena citato in giudizio per aver utilizzato, senza autorizzazione, l’immagine del Duca d’Este di proprietà della Galleria Estense di Modena sulle confezioni dei suoi prodotti.

Il Caso

Nel 2018, il Ministero della Cultura ha avviato una causa contro il produttore, sostenendo che tale uso violasse il CBC, il quale subordina l’uso commerciale dei beni culturali all’autorizzazione dell’amministrazione pubblica. La Corte di primo grado di Bologna ha dato ragione al Ministero, condannando il produttore a un risarcimento di oltre 22.000 euro per ciascun anno di utilizzo non autorizzato dell’immagine. In appello, il produttore ha contestato la legittimità del CBC, definendolo una sorta di “diritto d’autore sui generis, di durata illimitata”, in conflitto con i principi fondamentali del diritto d'autore e con la Costituzione, che tutela la libertà economica e promuove la cultura.

La Decisione della Corte d'Appello

La Corte d’Appello ha confermato la sentenza, chiarendo che i beni culturali godono di un “diritto all’immagine di carattere perpetuo”, simile a quello delle persone fisiche. La Corte ha dichiarato che “i diritti d’immagine si estendono certamente ai beni del patrimonio culturale, in considerazione del loro valore collettivo”. Di conseguenza, qualsiasi utilizzo commerciale non autorizzato rappresenta un danno per questo valore, meritevole di risarcimento.

La Corte ha anche respinto l’idea che il CBC crei un “copyright sui generis”, spiegando che la protezione amministrativa del Codice non è comparabile al diritto d'autore, poiché ha come scopo “la salvaguardia della memoria della comunità nazionale e del territorio e la promozione dello sviluppo della cultura”, in accordo con l’articolo 9 della Costituzione.

In aggiunta, la sentenza richiama la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea ("CGUE") (Commissione v. Italia, C-180/89), secondo cui la conservazione del patrimonio storico e artistico può giustificare restrizioni alla libertà di prestazione di servizi, a sostegno dell’interesse pubblico nella tutela dei beni culturali.

Conclusioni

Questa decisione evidenzia un orientamento consolidato della giurisprudenza italiana in tema di protezione dei beni culturali, conferendo loro una sorta di “diritto d’immagine perpetuo”. La sentenza sottolinea l’importanza della supervisione amministrativa sull’uso commerciale del patrimonio culturale italiano, un chiaro monito alle aziende che intendono utilizzare immagini di beni culturali a fini commerciali senza previa autorizzazione.

Su un simile argomento può essere di interesse l'articolo "Uso dei beni culturali: Nuove linee guida del MiC per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi".

Autrice: Maria Vittoria Pessina

 

Louis Vuitton vince la battaglia legale sul marchio "Toile Monogram"

Louis Vuitton ha ottenuto un’importante vittoria, riuscendo a bloccare la registrazione di un marchio che riprendeva elementi visivamente simili al suo celebre "Toile Monogram". L'Ufficio dell'Unione Europea per la Proprietà Intellettuale ("EUIPO") ha respinto la richiesta di registrazione presentata da un cittadino cinese, riaffermando la tutela contro tentativi di sfruttamento di marchi di lusso iconici.

Il contenzioso

La vicenda ha avuto inizio nel febbraio 2023, quando è stata depositata una domanda per registrare un motivo decorativo composto da elementi floreali e dalle lettere "B" e "R". Louis Vuitton ha immediatamente presentato opposizione, sostenendo che il nuovo segno avrebbe ingiustamente beneficiato della reputazione consolidata del "Toile Monogram", un simbolo di lusso e raffinatezza dal 1896. L’opposizione era basata sull’Articolo 8, comma 5 del Regolamento sul Marchio dell'Unione Europea ("RMUE"), sostenendo che il marchio depositato avrebbe pregiudicato il carattere distintivo del monogramma dell'opponente, traendone un indebito vantaggio.

Reputazione e vantaggio indebito: l’Articolo 8, comma 5 RMUE

Il punto centrale della controversia ruotava attorno all'Articolo 8, comma 5, dell'RMUE, che permette ai titolari di un marchio registrato che gode di rinomanza di opporsi a nuove registrazioni qualora queste sfruttino la notorietà del marchio anteriore, anche in assenza di confusione diretta tra i due segni.

L’EUIPO ha accolto le argomentazioni di Louis Vuitton, evidenziando l’importanza di proteggere i marchi notori da utilizzi inappropriati da parte di terzi. Decisivo è stato il riconoscimento della grande reputazione goduta dal monogramma di Louis Vuitton nell'UE, con un'attenzione particolare a Francia e Italia. La maison ha presentato una vasta documentazione, tra cui articoli di stampa, campagne pubblicitarie e la partecipazione a eventi prestigiosi come la Coppa del Mondo FIFA e il Gran Premio di Monaco di Formula 1, dimostrando come il monogramma venga da sempre associato a prodotti di lusso come borse, valigie e abbigliamento.

Per l’EUIPO, la reputazione in questo caso non si limita alla semplice notorietà commerciale, ma si estende a un livello di riconoscimento che trascende la presenza sul mercato. La divisione di opposizione ha concluso che il monogramma di Louis Vuitton ha raggiunto una notorietà tale da garantire una protezione rafforzata, soprattutto nei settori della pelletteria e della moda, in cui detiene una posizione di mercato significativa.

Somiglianza visiva e concettuale tra i segni

Anche l'aspetto visivo dei segni ha giocato un ruolo chiave nella decisione. Sebbene fossero presenti alcune differenze minori, l’EUIPO ha rilevato che la struttura e gli elementi del marchio oggetto dell'opposizione erano sufficientemente simili da creare rischio di confusione. Entrambi i segni presentavano motivi floreali e stelle ripetuti, che avrebbero potuto indurre i consumatori a collegare i prodotti non autorizzati a quelli di Louis Vuitton.

Inoltre, l’EUIPO ha considerato la possibilità di un’associazione tra i due marchi, vista la sovrapposizione delle categorie di prodotti interessate, tra cui borse, abbigliamento e accessori.

Il rischio di sfruttamento parassitario

La decisione ha posto l’accento sul rischio che la registrazione del marchio opposto comportasse un ingiusto sfruttamento della reputazione di Louis Vuitton. Utilizzando un motivo simile al monogramma del marchio di lusso, il terzo avrebbe potuto trarre vantaggi commerciali significativi, senza investire in attività di marketing o pubblicità. Questo sfruttamento avrebbe conferito ai prodotti non autorizzati un’aura di esclusività e prestigio, qualità che il pubblico associa strettamente a Louis Vuitton.

Un segnale forte sulla tutela dei marchi di lusso

Questa decisione ribadisce l’importanza della protezione dei marchi di lusso nell’Unione Europea. Il successo di Louis Vuitton nel bloccare la registrazione del marchio mette in luce il valore cruciale della reputazione nel diritto dei marchi e l'importanza di impedire che terzi traggano vantaggio dall’immagine di brand consolidati. L’EUIPO ha così confermato il proprio impegno a difendere la distintività dei marchi celebri contro il rischio di imitazione e diluizione.

Su un argomento simile può essere di interesse l'articolo: "Marchi di lusso e parodia: una combinazione alla moda?"

Autrice: Valentina Mazza


La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Edoardo Bardelli, Carolina Battistella, Carlotta Busani, Giorgia Carneri, Noemi CanovaGabriele Cattaneo, Maria Rita Cormaci, Camila Crisci, Cristina Criscuoli, Tamara D’Angeli, Chiara D’Onofrio, Federico Maria Di Vizio, Nadia FeolaLaura Gastaldi, Vincenzo GiuffréNicola Landolfi, Giacomo Lusardi, Valentina Mazza, Lara Mastrangelo, Maria Chiara Meneghetti, Deborah Paracchini, Maria Vittoria Pessina, Tommaso Ricci, Marianna Riedo, Marianna Riedo, Rebecca Rossi, Roxana Smeria, Massimiliano Tiberio, Federico Toscani, Federico ToscaniGiulia Zappaterra.

Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea, Flaminia Perna e Matilde Losa.

Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena Varese, Alessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.

Scoprite Prisca AI Compliance, il tool di legal tech sviluppato da DLA Piper per valutare la maturità dei sistemi di intelligenza artificiale rispetto alle principali normative e standard tecnici qui.

È possibile sapere di più su Transfer, il tool di legal tech realizzato da DLA Piper per supportare le aziende nella valutazione dei trasferimenti dei dati fuori dello SEE (TIA) qui e consultare una pubblicazione di DLA Piper che illustra la normativa sul Gambling qui, nonché un report che analizza le principali questioni legali derivanti dal metaverso qui, e una guida comparativa delle norme in materia di loot boxes qui.

DLA Piper Studio Legale Tributario Associato tratta i dati personali in conformità con l'informativa sul trattamento dei dati personali disponibile qui.

Qualora non si volesse più ricevere gli Innovation Law Insights o ci si volesse iscrivere alla stessa, è possibile inviare un'email a Silvia Molignani.