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6 febbraio 202420 minuti di lettura

Innovation Law Insights

6 febbraio 2024
Podcast

Sanzioni GDPR e notifiche di data breach: i risultati del survey di DLA Piper

DLA Piper ha analizzato i risultati del proprio survey sulle sanzioni da GDPR e le notifiche di data breach nel 2023 in tutta Europa. Il 2023 è stato un anno impegnativo per l’applicazione delle norme e i principi fondamentali contenuti nel GDPR: la sicurezza, la trasparenza e la base giuridica continuano a rappresentare la priorità per le autorità di vigilanza europee per la protezione dei dati personali. Il podcast è disponibile qui.

 

Artificial Intelligence

AI Act finalizzato: ecco cosa è stato concordato

I tecnici dell’Unione Europea hanno finalizzato l’AI Act, la prima legislazione che regolamenta la tanto discussa intelligenza artificiale (IA) che ha raggiunto la versione finale. Leggete un analisi del contenuto finalizzato dell’AI Act QUI.

 

Data Protection & Cybersecurity

Sanzionati dal Garante Privacy il Comune di Trento e un condominio per l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza

Con due recenti provvedimenti, il Garante per la protezione dei dati personali (Garante o Autorità) ha irrogato due sanzioni, rispettivamente da 50.000EUR e 1.000EUR, nei confronti del Comune di Trento e di un condominio per aver, nel primo caso, condotto due progetti di ricerca scientifica, utilizzando telecamere, microfoni e reti sociali, in violazione della normativa sulla protezione dei dati personali mentre, nel secondo, installato un sistema di videosorveglianza senza la delibera dell’assemblea condominiale.

La vicenda del Comune di Trento

L’iniziativa del Garante con riferimento al Comune di Trento trae origine dalla diffusione di notizie stampa che riportavano l’iniziativa del comune trentino di sperimentare tre sistemi di intelligenza artificiale, i cui progetti di sviluppo sarebbero stati finanziati nell’ambito di programmi di ricerca dell’Unione europea. Tali progetti prevedevano la raccolta di informazioni in luoghi pubblici attraverso microfoni e telecamere di videosorveglianza, al fine di rilevare potenziali situazioni di pericolo per la pubblica sicurezza.

Naturalmente, il Garante ha rivolto al titolare, il comune, una richiesta di informazione in relazione ai trattamenti di dati personali posti in essere nell’ambito dei predetti progetti.

Come riportato direttamente dal Comune:

  • uno dei progetti prevedevano l’acquisizione di filmati dalle telecamere di videosorveglianza già installate nel territorio comunale per finalità di sicurezza urbana, nonché dell’audio ottenuto da microfoni appositamente collocati sulla pubblica via; inoltre, i dati, che ad avviso del Comune sarebbero stati immediatamente anonimizzati dopo la raccolta, venivano analizzati per rilevare in maniera automatizzata, mediante tecniche di intelligenza artificiale, eventi di rischio per la pubblica sicurezza;
  • un altro progetto contemplava, invece, oltre all’acquisizione dei filmati di videosorveglianza (senza segnale audio), la raccolta e l’analisi di messaggi e commenti d’odio pubblicati sui social, rilevando eventuali emozioni negative ed elaborando informazioni d’interesse per le Forze dell’ordine, allo scopo di identificare rischi e minacce per la sicurezza dei luoghi di culto.

Alla luce delle informazioni raccolte in sede di istruttoria, il Garante ha rilevato una serie di violazioni della normativa privacy, ovverosia che il Comune:

  • non annoverando la ricerca scientifica tra le proprie finalità istituzionali, non ha comprovato la sussistenza di alcun quadro giuridico idoneo a giustificare i trattamenti dei dati personali – relativi anche a reati e a categorie particolari – e la conseguente ingerenza nei diritti e nelle libertà fondamentali delle persone;
  • aveva previsto solo tecniche di anonimizzazione impiegate per ridurre i possibili rischi di reidentificazione per gli interessati ritenute insufficienti dall’Autorità;
  • non aveva compiutamente descritto i trattamenti nelle informative di primo e di secondo livello, come la possibilità che anche le conversazioni potessero essere registrate dai microfoni installati sulla pubblica via;
  • non aveva comprovato di aver effettuato una valutazione d’impatto prima di iniziare il trattamento, nonostante i due progetti comportassero l’impiego di nuove tecnologie e la sorveglianza sistematica di zone accessibili al pubblico

Nonostante il riconoscimento di alcuni fattori attenuanti, il Garante ha condannato fermamente le modalità di trattamento estensivo e invasive adoperate, le quali hanno causato gravi rischi per i diritti e le libertà degli interessati, inclusi quelli di rilevanza costituzionale.

La vicenda del condominio

Questa vicenda trae origine dall’istruttoria del Garante, avviata a seguito di un reclamo di un condomino, che aveva portato all’accertamento del fatto che, presso il condominio, era stato istallato un sistema di videosorveglianza composto da due telecamere, posizionate all’esterno dell’edificio, il cui angolo di visuale era esteso all’area destinata al parcheggio e al cancello di accesso, con parziale visione della strada pubblica.

Benché l’informativa avvertisse della presenza delle telecamere e fosse segnalata da alcuni cartelli, questa era priva dell’indicazione del titolare del trattamento. Inoltre, il dispositivo poi, oltre a riprendere le immagini, consentiva di visualizzarle mediante un telefonino in possesso dell’amministratore.

Nel provvedimento sanzionatorio, l'Autorità ha sottolineato che:

  • qualora vi sia consenso tra i condomini per proteggere gli spazi comuni, è indispensabile ottenere una delibera condominiale, alla quale l'Amministratore deve dare attuazione;
  • la delibera costituisce il mezzo attraverso il quale i condomini collaborano per stabilire le caratteristiche principali del trattamento, includendo modalità e scopi del trattamento stesso, la durata di conservazione delle immagini registrate e l'identificazione degli individui autorizzati ad accedere alle registrazioni;
  • senza una delibera condominiale adottata conformemente alle disposizioni del codice civile riguardo alla maggioranza, il trattamento non può essere attribuito correttamente al condominio, con l'effetto di attribuire la qualifica di titolare al solo Amministratore.

Di conseguenza, il trattamento eseguito dall'amministratore è stato considerato illecito, comportando l'applicazione della sanzione pari a 1.000EUR.

Alcune considerazioni per le aziende in merito alla videosorveglianza

Questi provvedimenti sono particolarmente interessanti per le aziende a cui si applica il GDPR e che intendono installare sistemi di videosorveglianza poiché sottolinea l’importanza dell’implementazione delle necessarie misure di accountability, specie quando si intende sperimentare sistemi di intelligenza artificiale.

Pertanto, quando queste intendono procedere con questi trattamenti, sarà necessario prevedere le informative di primo e secondo livello, oltre che svolgere la valutazione di impatto sulla protezione dei dati personali (DPIA). Coinvolgere soggetti terzi nella realizzazione dei propri progetti che contemplano il trattamento dei dati personali è consigliabile, come anche svolgere un assessment preliminare dei ruoli privacy al fine di individuare gli adempimenti di volta in volta applicabili a ciascuna parte.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Il Garante sanziona una azienda di moda per utilizzo illecito del sistema di videosorveglianza”.

 

Intellectual Property

Studio EUIPO sull’impatto economico della contraffazione nei settori dell’abbigliamento, cosmetici e giocattoli

L’Osservatorio dell’Ufficio del’Unione europea per la proprietà intellettuale (l’EUIPO) ha reso disponibile il suo nuovo studio in materia di contraffazione nei settori dell’abbigliamento, dei cosmetici e dei giocattoli, intitolato “Economic impact of counterfeiting in the clothing, cosmetics, and toy sectors in the EU”, nel quale ha analizzato principalmente le implicazioni economiche negative che discendono dalla diffusione dell’attività contraffatoria.

Il report si fonda su dati relativi al periodo 2018 - 2021 ed evidenzia i gravissimi problemi che la contraffazione cagiona per la salute e la sicurezza dei consumatori, oltre ad accendere i riflettori sui danni economici derivanti dalla contraffazione.

Con riferimento, ad esempio, al settore dell’abbigliamento, dall’analisi dei dati è emerso come l’Italia risulti essere tra i paesi maggiormente colpiti dalla contraffazione. Il fenomeno ha infatti causato l’equivalente di 1,7 miliardi di euro di mancate vendite di prodotti originali, oltre ad aver sottratto all’economia reale poco meno di 20.000 posti di lavoro all’anno.

L’Osservatorio dell’EUIPO ha poi stimato che, in generale, l'industria dell'abbigliamento legale ha perso una media annua di quasi 12 miliardi di euro di entrate nel periodo considerato dallo studio. Tale cifra corrisponde all’incirca al 5 % delle vendite di abbigliamento nell’intera Unione Europea.

Inoltre, partendo dai dati raccolti, l’EUIPO ha registrato che, come conseguenza delle vendite perse a causa della contraffazione, l'industria dell'abbigliamento ha dato lavoro a ben 160.000 persone in meno ogni anno. Tra i mercati più colpiti c’è quello italiano.

Rispetto invece al mercato dei cosmetici nell’UE, l’EUIPO ha stimato che le mancate vendite di cosmetici dovute alla contraffazione siano ammontate a 3 miliardi di euro, pari al 4,8% delle vendite totali.

In questo caso, l'industria cosmetica più colpita è stata quella francese, che ha registrato 800 milioni di euro di mancate vendite annuali.

Infine, l’Osservatorio ha evidenziato come il settore dei giocattoli (che è quello di dimensioni più ridotte tra quelli analizzati) ha registrato la percentuale più alta di vendite perse a causa della contraffazione: 8,7%, pari a 1 miliardo di euro di vendite perse e 3 600 persone in meno impiegate nel settore. L'industria tedesca dei giocattoli ha assorbito un terzo delle vendite perse a causa della presenza di giocattoli contraffatti nell'UE.

L’EUIPO ha altresì osservato il forte impatto della pandemia COVID-19 sulle vendite di prodotti sia autentici che contraffatti, con particolare riferimento al settore dell’abbigliamento, precisando che è comunque necessario estendere l’analisi ad un periodo temporale più ampio per verificare se avverrà un ritorno ai livelli pre-pandemici, ovvero se sia in atto un cambiamento strutturale nell’impatto della contraffazione.

Concludendo, cogliamo l’occasione per segnalare che l’impatto della contraffazione stimato nel rapporto prodotto dall’EUIPO si basa sulle perdite dovute alla presenza di merci contraffatte nel mercato unionale. Le imprese dell’UE, però, subiscono anche una riduzione delle esportazioni verso i Paesi terzi a causa delle merci contraffatte vendute nei loro mercati, con impatto significativo su alcuni Paesi esportatori (ad esempio la Francia, nel caso dei cosmetici).

Per questa ragione, i futuri report prodotti dall’Osservatorio tenteranno di combinare le vendite nel mercato dell’UE con i flussi commerciali internazionali, per fornire un quadro più completo rispetto all’impatto della contraffazione sulle imprese europee, indipendentemente dal Paese di destinazione dei beni.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo: “Italian sounding: quanto vale e come trasformarlo in export made in Italy”, pubblicato il report ISMEA 2023.

EUIPO: la mera associazione alla specie animale non è sufficiente per evocare una similitudine concettuale tra due segni

Con una recente decisione, la Divisione d’Opposizione dell’EUIPO si è espressa in tema di marchi figurativi affermando che la mera associazione dei segni in esame alla specie animale non fosse in alcun modo sufficiente a evocare una similitudine concettuale tra i due, tale da rigettare la domanda di registrazione del marchio figurativo di parte opposta.

Venendo ai fatti che hanno dato origine alla presente controversia, il 29 aprile 2022, la società opposta ha presentato domanda di registrazione per il marchio comunitario figurativo n. 18695865 per le classi 18 e 25, consistente in una doppia linea circolare sulla cui parte superiore è raffigurata una farfalla stilizzata.

Fondandosi sul rischio di confusione per il pubblico a causa della similitudine concettuale tra i due segni ex art. 8(1)(b) del Regolamento UE 2017/1001 (di seguito, RMUE), nonché sulla tutela allargata concessa ai marchi che godono di notorietà ex art. 8(5) RMUE, la nota società di moda ha presentato un’opposizione basata su due marchi figurativi anteriori di cui è titolare (il marchio italiano n. 2017000128845 e la registrazione del marchio internazionale n. 1419699 designante l’UE), consistenti in una doppia linea circolare nella parte superiore della quale sono posati due uccelli stilizzati, con ali aperte e venature che evocano piumaggio, disposti simmetricamente con i rispettivi becchi uniti.

Entrambi i marchi illustrati coprono le classi 18, 25 e 35 della Classificazione di Nizza.

Con riferimento all’analisi dei due segni, l’EUIPO, richiamando la giurisprudenza comunitaria in materia, ha ricordato che la valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (11/11/1997, C‑251/95, Sabèl, EU:C:1997:528, § 23).

In primo luogo, la Divisione d’Opposizione ha riconosciuto che nessuno dei due segni in questione possiede elementi che sono da considerarsi chiaramente dominanti. Essi si differenziano, rispettivamente, nelle figure degli uccellini e della farfalla che sono normalmente distintivi, non avendo alcuna relazione con i prodotti e servizi in questione. Pertanto, contrariamente a quanto affermato dall’opponente, l’EUIPO ha ritenuto che la similitudine visiva tra i due marchi fosse estremamente remota.

Anche livello concettuale, la Divisione d’Opposizione ha precisato che i segni sono dissimili poiché associati a significati diversi, veicolati, rispettivamente, dagli uccellini e dalla farfalla. Come anticipato, secondo l’EUIPO la semplice appartenenza alla specie animale non è in alcun modo sufficiente a evocare una similitudine concettuale. Infatti, il mero fatto che due simboli possano essere raggruppati sotto un termine generico comune non li rende in alcun modo simili dal punto di vista concettuale (31/01/2019, T-215/17, Pear (fig.) / Apple Bite (fig.) et al., EU:T:2019:45, § 77-79).

Con riferimento alla notorietà rivendicata dal marchio anteriore, invece, l’EUIPO ha concluso che la documentazione fornita da parte opponente non fosse sufficiente a provarne la rinomanza, ma nemmeno che il segno rivendicato avesse acquisito un elevato carattere distintivo attraverso l’uso che ne è stato fatto. Sul punto, è stato precisato che benché le prove depositate avessero dimostrato in qualche misura l’uso del marchio, queste non hanno fornito informazioni utili e sufficienti sull’ampiezza di tale uso. Secondo la Divisione d’Opposizione, infatti, il materiale presentato non ha offerto indicazioni in merito al grado di conoscenza del marchio da parte del pubblico interessato, né sul volume delle vendite, sulla quota di mercato del marchio o sull’ampiezza dell’opera di promozione. Di conseguenza, parte opponente non è riuscita a provare che il marchio fosse conosciuto da una parte significativa del pubblico di riferimento.

Ritenendo, dunque, che i marchi in esame fossero visivamente simili in misura molto remota, foneticamente non comparabili e concettualmente dissimili, l’EUIPO ha concluso per il rigetto dell’opposizione proposta dalla nota società di moda.

Alla luce di quanto sopra, con questa decisione la Divisione d’Opposizione ha correttamente affermato che il semplice appartenere a una specie animale non basta per evocare una somiglianza concettuale. È stata così confermato l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza comunitaria secondo cui il solo fatto che due segni possano essere raggruppati sotto un termine generico comune non è sufficiente per rendere due marchi automaticamente simili da un punto di vista concettuale.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “EUIPO sul marchio figurativo e tridimensionale nell’Unione Europea: il caso Haribo”.

La Corte di Appello dell’UPC si esprime sull’ammissibilità di una richiesta di riesame discrezionale ai sensi dell’articolo 220.3 delle Rules of Procedure

L’articolo 333.1 delle Rules of Procedure (RoP) prevede che le decisioni rese dal giudice relatore o dal giudice che presiede il caso, inerenti alla gestione del procedimento, possano essere riesaminate dal Collegio su richiesta motivata di una delle parti.

L'istanza di riesame deve essere presentata, previo il pagamento di una tassa amministrativa, entro quindici giorni dalla notifica della decisione oggetto di riesame e deve indicare i motivi a fondamento della richiesta e le eventuali prove a sostegno. Ai sensi dell’articolo 333.2 delle RoP, e a garanzia del rispetto effettivo del principio del contraddittorio, la controparte ha il diritto di essere sentita in merito a tale richiesta.

Il Collegio è tenuto a decidere quanto prima (as soon as practicable) in merito alla istanza di riesame e, se del caso, può emendare la decisione resa dal giudice relatore o dal giudice che ha presieduto il caso.

La decisione del Collegio è suscettibile di impugnazione nei successivi quindici giorni; in caso di mancato accoglimento, la parte interessata può presentare un’istanza di riesame discrezionale davanti alla Corte di Appello dell’UPC ai sensi dell’articolo 220.3 delle RoP. Tale possibilità, tuttavia, è in linea generale preclusa in difetto di una pronuncia preliminare da parte del Collegio.

In un recente procedimento promosso davanti alla divisione locale di Monaco, una delle parti ha sollevato un’eccezione preliminare (preliminary objection) ai sensi dell’articolo 19 delle RoP e il giudice relatore, pronunciandosi a riguardo, ha affermato che la stessa sarebbe stata esaminata nell’ambito del procedimento principale. La parte che ha proposto l’eccezione, ritenendo errata tale decisione, ha depositato un’istanza motivata al fine di ottenere la revisione dell’ordinanza da parte del Collegio.

Tuttavia, il giudice relatore ha respinto tale richiesta, poiché a suo avviso la decisione da lui emessa non poteva annoverarsi tra quelle inerenti alla gestione del procedimento o più in generale tra le decisioni di cui all’articolo 333.1 delle RoP (case management) e, conseguentemente, non poteva essere oggetto di riesame da parte del Collegio. Inoltre, il giudice relatore ha ritenuto tale ordinanza non impugnabile, in quanto non avente ad oggetto l’accoglimento o il rigetto dell’eccezione preliminare.

A fronte di ciò, la parte istante ha deciso di presentare una richiesta di riesame discrezionale alla Corte di Appello. La controparte, dal canto suo, si è opposta a tale richiesta ritenendola inammissibile.

La Corte di Appello, pur affermando il principio secondo il quale in linea generale le richieste di riesame discrezionale ai sensi dell’articolo 220.3 delle RoP presuppongono il riesame da parte del Collegio, ha comunque accolto l’istanza.

In particolare, la Corte d’Appello ha ritenuto non condivisibile la decisione del giudice relatore di dichiararsi competente nel decidere la richiesta di riesame indirizzata al Collegio, e, dunque, anche in assenza di un’ordinanza del Collegio, ha ritenuto meritevole di accoglimento la richiesta di riesame discrezionale, così rimettendo la causa al presidente della Corte d’Appello per l’assegnazione al Collegio.

Quanto al merito della questione, ossia se l’eccezione preliminare sollevata ai sensi dell’articolo 19 delle RoP debba essere decisa nell’ambito del procedimento di primo grado o meno, la Corte d’Appello ha ritenuto di non potersi pronunciare, rimettendo la questione al Collegio previo accoglimento della suddetta richiesta di riesame.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo: “Sospensione del procedimento innanzi all’UPC in pendenza di un giudizio di opposizione avanti all’EPO”.

 

Technology Media and Telecommunication

Osservatorio sulle comunicazioni dell’AGCom per i primi nove mesi del 2023

Il quarto Osservatorio sulle Comunicazioni per il 2023 pubblicato dall’AGCom contiene i dati relativi ai primi nove mesi del 2023.

I dati riportati nell’Osservatorio sulle Comunicazioni indicano che nel periodo di riferimento vi è stata una flessione degli accessi complessivi per la rete fissa su base annua quantificabile in 215 mila unità, sebbene rispetto al corrispondente periodo del 2019 si sia registrato un aumento degli accessi per la rete fissa pari a 87 mila unità. Le linee complessive della rete fissa erano poco più di 20 milioni a settembre 2023.

L’AGCom informa che le tradizionali linee basate su tecnologie in rame si sono ridotte di circa 168 mila unità su base trimestrale e di circa 857 mila unità (di cui 741 mila unità per la tecnologia DSL) rispetto a settembre 2022 (con una riduzione di circa 6,15 milioni di accessi nell’ultimo quadriennio), mentre le linee che utilizzano altre tecnologie più evolute sono aumentate di circa 641 mila unità rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente. Se nel mese di settembre 2019 il 49,6% degli accessi alla rete fissa era in rame, dopo quattro anni, nel corrispondente mese del 2023, essi si sono più che dimezzati, attestandosi al 18,7%.

Rispetto a settembre 2022 si è registrata una lieve flessione (-3,9%) nel numero di accessi in rete FTTC (Fiber To The Cabinet), con un totale di circa 9,95 milioni di accessi a settembre 2023. Gli accessi alla rete in tecnologia FTTH (Fiber To The Home) sono aumentati di circa 905 mila unità su base annua (con una crescita del 26,7%), ammontando a circa 4,30 milioni di accessi a fine settembre 2023. In crescita, anche se in misura più contenuta, risultano anche le linee FWA (Fixed Wireless Access) che, con un incremento di quasi 140 mila unità nell’anno in corso (e quindi del 7,3% rispetto a settembre 2022), hanno raggiunto 2,07 milioni di linee a settembre 2023.

A fine settembre 2023, le linee broadband complessive ammontavano a poco meno di 18,9 milioni, risultando in leggera riduzione (quantificabile in 100 mila unità, pari allo 0,5%) su base annua.

Come si apprende dal comunicato stampa che accompagna la pubblicazione dell’Osservatorio, le dinamiche appena descritte hanno determinato un consistente aumento delle prestazioni in termini di velocità di connessione commercializzata; le linee con velocità pari o superiori ai 100 Mbit/s a settembre 2023 ammontavano al 71,8% del totale, a fronte del 37,4% registrato a settembre 2019.

Si riconferma al contempo il trend in crescita del consumo di dati: il volume complessivo dei dati consumati giornalmente nei primi nove mesi dell’anno è aumentato del 13,3% rispetto al dato registrato a settembre 2022 e del 118% rispetto al corrispondente periodo del 2019. Ciò si riflette sui dati unitari di consumo: il dato del traffico giornaliero registrato in relazione a ciascuna linea broadband è quasi raddoppiato nel periodo 2019 – 2023, passando da una media giornaliera di 4,13 a 8,21 GB per ciascuna linea.

Con riferimento al segmento della rete mobile, a fine settembre 2023, l’AGCom riporta che il numero complessivo delle SIM (sia c.d. human, ossia solo voce, voce+dati e solo dati che prevedono interazione umana, che M2M, ossia machine-to-machine) è stato pari a 108,5 milioni (con un aumento di circa 1,4 milioni su base annua, e quindi dell’1,3%). In particolare, le SIM M2M sono aumentate di oltre 1 milione di unità in un anno, mentre, nello stesso arco temporale, l’incremento di quelle human è risultato pari a 348 mila unità (per un totale di 78,9 milioni SIM human a settembre 2023, per il 13,4% appartenenti alla clientela business e per il restante 86,6% a quella residenziale cosiddetta consumer).

Come descritto dall’AGCom, sono valutabili in circa 57,2 milioni le SIM human che hanno prodotto traffico dati nel corso dei primi nove mesi dell’anno, valore superiore di circa 340 mila unità rispetto al corrispondente valore del 2022. Il relativo consumo medio unitario giornaliero del periodo gennaio-settembre è stimabile in circa 0,77 GB, in crescita del 22,4% rispetto al 2022 e di oltre il 240% dal corrispondente periodo del 2019, quando risultava stimabile in 0,22 GB.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Osservatorio sulle comunicazioni dell’AGCom per il primo semestre del 2023”.


La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Arianna Angilletta, Edoardo Bardelli, Carolina Battistella, Carlotta Busani, Giorgia Carneri, Silvia Cerrato, Maria Rita Cormaci, Camila Crisci, Cristina Criscuoli, Tamara D’Angeli, Chiara D’Onofrio, Federico Maria Di Vizio, Enila Elezi, Nadia Feola, Claudia Galatioto, Laura Gastaldi, Vincenzo Giuffré, Marco Guarna, Nicola Landolfi, Giacomo Lusardi, Valentina Mazza, Lara Mastrangelo, Maria Chiara Meneghetti, Dalila Mentuccia, Deborah Paracchini, Tommaso Ricci, Miriam Romeo, Rebecca Rossi, Roxana Smeria, Massimiliano Tiberio, Alessandra Tozzi, Giulia Zappaterra.

Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea, Flaminia Perna e Matilde Losa.

Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena Varese, Alessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.

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DLA Piper Studio Legale Tributario Associato tratta i dati personali in conformità con l'informativa sul trattamento dei dati personali disponibile qui.

Qualora non si volesse più ricevere gli Innovation Law Insights o ci si volesse iscrivere alla stessa, è possibile inviare un'email a Silvia Molignani.