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6 dicembre 202420 minuti di lettura

Innovation Law Insights

5 Dicembre 2024
Artificial Intelligence

La nuova direttiva sulla responsabilità da prodotto difettoso si applica all'intelligenza artificiale ed è ora in vigore

La nuova direttiva sulla responsabilità da prodotto difettoso (la "Direttiva"), pubblicata in gazzetta ufficiale il 18 novembre 2024, si presta ad avere un grande impatto sulle aziende che prendono parte alla catena produttiva e di commercializzazione di sistemi di Intelligenza Artificiale ("IA"). Il punto chiave della Direttiva è la sua estensione ai software e ai sistemi di IA, con la conseguenza che i soggetti danneggiati potranno chiedere il ristoro per i danni subiti dal sistema di IA.

Dopo una lunga attesa la Direttiva è stata approvata dal Consiglio e pubblicata in gazzetta ufficiale il 18 novembre 2024. La Direttiva si applicherà ai prodotti messi in commercio dopo il 9 dicembre 2026.

Fino alla pubblicazione della Direttiva, non era chiaro se la versione originaria – datata 1985 – includesse nel suo ambito di applicazione i prodotti intangibili, ivi inclusi i software. Con il progressivo sviluppo della tecnologia e conseguentemente dei rischi ad essa connessa, la dottrina ha propeso per l'estensione in via interpretativa ai software della normativa in materia di danno da prodotto, sull'assunto che risulti ingiustificata una disparità di trattamento a seconda che il danno sia causato da un prodotto tangibile o intangibile. A livello giurisprudenziale, tuttavia, non vi è mai stata una presa di posizione netta, di conseguenza la situazione risultava ancora incerta.

La Direttiva mira a colmare tale lacuna, estendendo il regime anche ai software e garantendo così una elevata garanzia di tutela anche nelle ipotesi in cui il danno sia causato da un prodotto intangibile.

  • La direttiva sulla responsabilità da prodotto difettoso si applica all'intelligenza artificiale

La Direttiva prevede una responsabilità solidale tra una pluralità di soggetti che prendono parte alla catena produttiva del sistema di IA. In particolare, l'Articolo 8 della Direttiva prevede la responsabilità dei seguenti operatori economici:

  • Il fabbricante di un prodotto difettoso, ossia:
    • Chi sviluppa, produce o fabbrica un prodotto. Nel caso in cui il prodotto sia composto da più componenti, colui che ha proceduto all'assemblaggio finale. Questa ipotesi rileva nel caso in cui il sistema di intelligenza artificiale sia embedded in un prodotto fisico, determinando la responsabilità anche di chi assembla il prodotto, pur non sviluppando direttamente il sistema di intelligenza artificiale;
    • Colui che, anche senza averlo realizzato, commercia un prodotto con il proprio nome o marchio. In un'ottica di integrazione con l'AI Act, tale soggetto sarebbe il provider del sistema di IA;
    • Colui che sviluppa, produce o fabbrica un prodotto per uso proprio.
  • Il fabbricante di un componente difettoso, se tale componente è stato integrato in un prodotto o interconnesso con un prodotto sotto il controllo del fabbricante. Anche tale ipotesi rileva nel caso in cui il sistema di IA sia embedded in un prodotto fisico, determinando la responsabilità anche dello sviluppatore del sistema di IA nel caso in cui quest'ultimo determinasse un malfunzionamento del prodotto fisico (e.g., il software che controlla il robot genera un malfunzionamento che porta la macchina a ferire un essere umano).
  • Chiunque alteri significativamente il prodotto già immesso nel mercato. Anche tale previsione può essere letta con uno sguardo all'AI Act, con riferimento alla riqualificazione quale provider nel caso in cui un deployer alteri significativamente il sistema. In tal caso potrebbe dunque emergere la responsabilità di un utilizzatore che – attraverso attività di modifica e integrazione del software di IA – vada a mutarne il funzionamento.
  • L'importatore del prodotto o componente difetto, ovvero il rappresentante autorizzato del fabbricante e, se non vi è un importatore stabilito nell'Unione o un rappresentante autorizzato, il fornitore di servizi di logistica.

Definizione di prodotto

L'Articolo 4 numero 1) della Direttiva ampia la definizione di prodotto, includendo ora espressamente – oltre ai beni mobili – anche l'elettricità, i file per la fabbricazione digitale, le materie prime e il software, ivi inclusa l'intelligenza artificiale.

L'unica esclusione è operata con riferimento ai software open source, a patto che lo stesso sia sviluppato o fornito nel corso di un'attività non commerciale.

Danno risarcibile

L' Articolo 6 della Direttiva prevede la sola risarcibilità del danno relativo a:

  • Morte o lesioni personali, compresi i danni psicologici riconosciuti da un punto di vista medico. Questa precisazione è rilevante in quanto apre alla possibilità che i danni psicologici che potrebbero essere causati da un chat bot o da algoritmi che propongono materiale lesivo per l'utente vengano risarciti.
  • Danneggiamento o distruzione di qualsiasi bene.
  • Distruzione o corruzione di dati non usati a fini professionali. Questo apre alla risarcibilità nel caso in cui il software causi un data breach sotto il profilo dell'integrità (ad esempio, danneggiando i dati) o della disponibilità (ad esempio, cancellando i dati). Ciò si applica solo però a patto che tali dati non siano usati a fini professionali.

Ai sensi dell'Articolo 5 della Direttiva, legittimato al risarcimento non è più il solo consumatore ma qualunque individuo che risulti danneggiato dal prodotto.

Definizione di prodotto difettoso

Ai sensi dell'articolo 7 della Direttiva un prodotto è considerato difettoso quando non offre la sicurezza che un consumatore può legittimamente attendersi. Tale nozione risulta di difficile discernimento in relazione ai sistemi di IA, la cui complessità e progressiva capacità di apprendimento grazie a tecniche avanzate di machine learning generano il problema del black box, tale per cui risulta difficile ricostruire il perché il sistema di IA abbia generato un determinato output.

In ogni caso, secondo l'Articolo 10 della Direttiva, si presume il carattere difettoso di un prodotto quando:

  • L'attore dimostra che il prodotto non rispetta i requisiti obbligatori di sicurezza del prodotto stabiliti dal diritto dell'Unione o nazionale intesi a proteggere dal rischio del danno subito; o
  • L'attore dimostra che il danno è stato causato da un malfunzionamento evidente.

Alla luce di tali presunzioni, giocherà un ruolo fondamentale la compliance con gli obblighi imposti dall'AI Act per determinare la difettosità di un prodotto. In questo modo, oltre alle sanzioni a cui le aziende sono esposte alla luce dell'AI Act, si aggiunge il rischio che l'eventuale non compliance possa fondare pretese di terzi al risarcimento del danno. Allo stesso tempo, l'adesione agli standard previste dalle normative di settore – anche in materia di cybersecurity – risulta il metodo più efficace per poter determinare più agevolmente la difettosità del prodotto.

Onere della prova

La responsabilità prevista dalla Direttiva rimane una responsabilità oggettiva, che prescinde da una colpa in capo al danneggiante. In ogni caso, ex Articolo 9 della Direttiva chi reclama il danno deve comunque provare: (i) la difettosità del prodotto; (ii) il danno subito; e (iii) il nesso di causalità tra il difetto e il danno. La prova del difetto e del nesso di causalità si presenta particolarmente complessa sia per la elevata tecnicità dei sistemi di IA, le cui informazioni tecniche non sono a disposizioni del soggetto danneggiato, sia per il problema sopra esposto del black box.

Per questo motivo la Direttiva prevede uno strumento di divulgazione degli elementi di prova, secondo cui gli stati membri devono provvedere affinché, su richiesta di un soggetto che presenta fatti e prove sufficienti a sostenere la plausibilità della domanda di risarcimento (una sorta di fumus bonis iuris), il convenuto sia tenuto a divulgare i pertinenti elementi di prova a sua disposizione. Nel caso di rifiuto alla divulgazione, si presume la difettosità del prodotto. Tale misura mira a garantire che al soggetto danneggiato siano messi a disposizione gli elementi per poter assolvere ai propri oneri probatori. La Direttiva, tuttavia, non si spinge fino a prevedere un'inversione dell'onere probatorio che avrebbe avuto un impatto significativo sulle aziende responsabili.

Esenzione da responsabilità

Infine, la Direttiva conserva e aggiunge alcune possibilità per il soggetto danneggiante di non incorrere in responsabilità. Tra quelle maggiormente rilevanti per i sistemi di IA, risulta:

  • Probabilità che il difetto non esistesse al momento in cui è stato immesso sul mercato. Tuttavia, il comma 2 dell'Articolo 11 prevede che tale eccezione non operi nel caso in cui il danno sia derivante da un software che sia embedded in un dispositivo fisico che sia sotto il controllo del fabbricante (ad esempio nel caso di mancati aggiornamenti). Tale precisazione è fondamentale, anche alla luce della tematica del black box sopra esposta.
  • Che il carattere difettoso è dovuto alla conformità del prodotto a requisiti giuridici.
  • Che lo stato oggettivo delle conoscenze scientifiche al momento dell'immissione o durante il periodo in cui sia stato sotto il controllo del fabbricante non permetteva di scoprire l'esistenza del difetto. Anche tale eccezione può essere rilevante, nel caso in cui il sistema di IA generi un del tutto imprevedibile e la cui causa non sia in alcun modo riferibile ad errori, ad esempio, nel training o in altre fasi del processo di sviluppo

Nel caso di una persona che modifichi il prodotto, che il difetto che ha causato il danno riguarda una parte del prodotto non interessata dalla modifica. output

Conclusioni

La Direttiva estende sensibilmente le possibilità di ottenere il risarcimento del danno nel caso in cui un prodotto – ora inclusi anche i software di IA – causi un danno. Ciò costituisce una ulteriore norma che si aggiunge alla regolazione del mondo dell'Intelligenza Artificiale, in cui il coordinamento con le altre normative – in particolare modo l'AI Act – giocherà un ruolo fondamentale per determinare i casi di responsabilità

Su un argomento simile, può essere di interesse l'articolo: "La responsabilità di sviluppatori e produttori di software AI secondo la Direttiva sul risarcimento dei danni da prodotti difettosi"

Autore: Federico Toscani

 

Intellectual Property

Plagio di opera cinematografica: la Corte d'Appello di Roma fa chiarezza sul concetto di creatività

La Corte d'Appello di Roma si è recentemente espressa in materia di plagio di opera cinematografica, ribandendo alcuni importanti principi sul concetto di elaborazione creativa.

Il primo grado di giudizio

Con atto di citazione notificato il 4 luglio 2017, una società cinematografica aveva citato in giudizio un'importante emittente televisiva, accusandola di plagio di un film-documentario sulla vita di Felicia Impastato e chiedendo un risarcimento di € 200.000,00. Secondo la società attrice, nella fiction prodotta dalla convenuta si coglieva una esatta riproposizione, qualificabile come vera e propria copiatura, di numerose scene precedentemente realizzate dall'autore e regista incaricato dalla società attrice, nonché la piena usurpazione di altre scene. La difesa della convenuta aveva sottolineato che le due opere, pur avendo lo stesso soggetto, differivano per natura, struttura e modalità narrative, e che gli episodi rappresentati erano di dominio pubblico e non soggetti a monopolio.

Il Tribunale, per valutare la questione, aveva disposto una consulenza tecnica d'ufficio, che concludeva non sussistere un plagio integrale, ma ipotizzava un plagio parziale. Tuttavia, il Collegio, dopo aver esaminato la consulenza e confrontato le scene, aveva ritenuto le argomentazioni insufficienti e contraddittorie, ribadendo il principio secondo il quale in relazione alla rappresentazione di fatti storici e/o biografici, qualora due opere a confronto hanno la stessa matrice storica e si riferiscono a fatti realmente avvenuti, la tutela autorale non attiene al contenuto, ma solo al modo in cui l’accadimento è trattato. Di conseguenza, aveva escluso la sussistenza di plagio e respinto la domanda della società attrice.

La decisione della Corte d'appello

La sentenza di primo grado è stata impugnata parte attrice, soccombente in primo grado.

In particolare, questa sosteneva che il giudice di primo grado avesse erroneamente condiviso la conclusione del consulente tecnico d'ufficio (CTU) secondo cui vi sarebbero state differenze strutturali tra le due opere (la narrazione del documentario era definita come "lineare" e quella della fiction come "circolare" con l'uso di flashback). Secondo l'appellante, a nulla rileverebbe tale diversità strutturale, visto che la legge sul diritto d’autore riconoscerebbe l’esistenza del plagio non solo e non tanto quanto all’aspetto strutturale delle opere a confronto, ma quanto alla originalità creativa ed alla novità sotto un profilo qualitativo.

La Corte sul punto ha affermato che il tribunale ha correttamente preso in considerazione la diversità di struttura delle opere, ciò che ha di fatto consentito di valutare anche le singole scene contestate come collocate nei vari contesti. Ha evidenziato, poi, che "è pacifico che in tema di diritto d’autore il concetto giuridico di creatività non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, riferendosi al contrario, alla personale ed individuale espressione di una oggettività (…) sicchè un’opera dell’ingegno riceve protezione a condizione che sia riscontrabile in esso (come non avvenuto nella fattispecie in esame), un atto creativo, pur se minimo, che sia comunque manifestazione nel mondo esteriore".

Ancora, la Corte ha ribadito, come supportato da costante giurisprudenza, che "la stessa idea può essere alla base di diverse opere che sono e possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende e che, in quanto tale, rileva ai fini della protezione”.

In altri termini, l’elaborazione creativa, in base alla quale occorre verificare se le singole scene oggetto del presente giudizio possano dirsi creative e, dunque, oggetto di tutela, deve essere individuata in un riconoscibile apporto creativo da valutarsi nel merito in punto di fatto.

Sulla base di detti presupposti, a dire della Corte la valutazione operata dal Tribunale è stata effettuata in maniera esaustiva, anche consentendo al CTU di esaminare le opere nella loro interezza.

Infine, la Corte ha puntualizzato che “nel caso di opere biografiche di personaggi noti, appartengono al patrimonio comune i fatti e le vicende che li hanno riguardati che non sono, in sé, autonomamente monopolizzabili. La tutela autoriale cade, invece, sulle scelte formali, sulle tecniche stilistiche e redazionali, attraverso i quali l’autore li veicola”. Di conseguenza, le scene oggetto di contestazione si presentano, secondo la Corte, non solo come diversamente organizzate nelle due opere, ma anche collocate in opere strutturalmente diverse e, inoltre, rappresentano fatti oggettivamente verificatisi e, dunque, non monopolizzabili.

Conclusioni e prova del plagio

In conclusione, la prova del plagio richiede di dimostrare una rilevante somiglianza nelle scelte stilistiche e nelle tecniche espressive tra le opere: in altri termini, nel punto di vista dell'autore. Questo risulta particolarmente difficile nel caso di biopic o opere che si basano su eventi reali, poiché i fatti storici e le storie di personaggi pubblici fanno parte del patrimonio comune e non sono soggetti a esclusiva.

Su un argomento simile può essere di interesse l'articolo "Progetto, opera architettonica e diritto d’autore: quando sussiste il requisito della creatività?"

Autrice: Lara Mastrangelo

UPC: la prima decisione di merito della Divisione Locale di Milano

Lo scorso 4 novembre la Divisione Locale di Milano dell'UPC ha emesso la sua prima decisione di merito. La pronuncia è giunta all'esito di un giudizio per contraffazione instaurato a luglio 2023 da una società tedesca operante nell'industria tessile nei confronti di una concorrente indiana.

Le questioni cui la Corte ha riservato particolare attenzione sono numerose.

La prima concerne l'ammissibilità e fondatezza di un'istanza presentata dalla convenuta ai sensi della Rule 295(m) RoP, a mente della quale è facoltà della Corte sospendere il procedimento in ossequio al principio della corretta amministrazione della giustizia. Secondo la convenuta, a rendere opportuna la sospensione sarebbe stata la pendenza di una parallela vertenza instaurata dall'attrice sempre innanzi alla Divisione locale di Milano nei confronti di una diversa convenuta, nell'ambito della quale era stata formulata una domanda riconvenzionale di nullità del titolo.

Sul punto, pur ritenendo ammissibile l'istanza ancorché proposta soltanto durante l'oral hearing, la Corte l'ha rigettata. Ciò, sul presupposto che la convenuta non aveva contestato in giudizio la validità del titolo e l'interferenza con esso dei propri prodotti, bensì aveva concentrato le difese sull'insussistenza delle condotte lamentate nei territori coperti dalla tutela brevettuale. Né la stessa era intervenuta nel parallelo giudizio per sostenere la domanda di nullità da altri presentata.

Quanto al merito della controversia, avendo accertato l'offerta al pubblico dei macchinari oggetto del giudizio e rilevato la mancata contestazione da parte della convenuta tanto della validità del titolo quanto dell'interferenza con esso dei propri prodotti, la Corte ha concluso per la sussistenza dell'illecito in virtù del principio di non contestazione cristallizzato nella Rule 171(2) RoP.

Venendo alle ulteriori pronunce richieste dall'attrice, la Corte ha chiarito che l'ordine di ingiunzione permanente disciplinato dall'Art. 63(1) UPCA non segue automaticamente all'accertamento della contraffazione, ma ha natura discrezionale e presuppone il rischio del compimento o reiterazione delle condotte lesive.

In particolare, quanto alle condotte già attuate e accertate in giudizio, non spetta all'attore dimostrare il rischio della loro ripetizione, bensì al convenuto eliminare la relativa presunzione. A questo proposito, secondo la Corte non è nemmeno sufficiente l'impegno della convenuta - manifestato nel corso del giudizio - di non ripetere le condotte in futuro, dovendo invece prevalere l'interesse dell'attrice a ottenere un provvedimento interdittivo che offra maggiori garanzie circa il suo rispetto.

Quanto invece alle condotte non accertate ma che secondo la prospettazione attorea potrebbero essere poste in essere in futuro, spetta all'attore offrire elementi, quali l'univocità degli atti preparatori, che consentano di ritenere probabile il rischio di commissione dell'illecito.

In applicazione dei predetti principi, i Giudici hanno concesso l'inibitoria richiesta, estendendola anche a future condotte di commercializzazione il cui rischio è stato ritenuto concreto.

La Corte si è poi soffermata sui presupposti della previsione di una penale, rimedio di natura sanzionatoria e deterrente previsto dall'Art. 63(2) UPCA a presidio dell'inibitoria. In particolare, secondo quanto chiarito, l'ammontare della penale deve essere determinato tenuto conto del principio di proporzionalità, valutando in particolare la natura della violazione accertata, il valore dei prodotti in contraffazione e le royalties applicate nel settore di riferimento per una licenza.

Quanto al danno, la cui precisa determinazione è rimessa a un separato procedimento ove potrà all'occorrenza anche trovare spazio un ordine di esibizione delle scritture contabili, la Corte ha accolto la richiesta di una provvisionale (c.d. interim award of damages) a favore dell'attrice. Ciò, limitatamente ai danni reputazionali sofferti, ritenuti risarcibili ai sensi dell'Art. 68 UPCA e liquidati, tenuto conto dell'importanza della fiera durante la quale i prodotti contraffatti erano stati pubblicizzati, in complessivi € 15.000.

Da ultimo, chiamata a pronunciarsi sui criteri di ripartizione delle spese di lite, la Corte non si è limitata a considerare la soccombenza della convenuta. Non è infatti trascurabile, ad opinione dei Giudici, che nel corso della written procedure la convenuta avesse manifestato la propria disponibilità a transigere la controversia e fosse stata, anzi, l'attrice ad aver via via inasprito la propria posizione nel corso delle trattative, rendendo così difficile una composizione bonaria. Pertanto, il Tribunale ha parzialmente compensato le spese di lite, condannando la convenuta a rifonderne all'attrice l'80%.

Su un argomento simile può essere di interesse l'articolo "UPC: la Divisione centrale di Milano chiarisce i presupposti per l’intervento dei terzi nei procedimenti cautelari"

Autore: Massimiliano Tiberio

Voucher 31- Investire in innovazione- via alle domande il 10 dicembre 2024

Lo scorso 19 novembre, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con decreto direttoriale, ha stabilito termini e modalità per richiedere il "Voucher 31- Investire in Innovazione", già regolamentato dal decreto interministeriale dell'8 agosto 2024. L'aggiornamento oggetto del provvedimento consentirà a microimprese e start-up innovative di accedere, tramite specifici servizi di consulenza, ad importanti incentivi legati a brevettazione e innovazione. Tra i servizi in parola, spiccano (a)l'analisi di eventuali anteriorità preventive e la verifica della brevettabilità dell'invenzione, (b)supporto nella stesura della domanda di brevetto e di deposito presso l'UIBM, nonché (c) per il deposito all'estero di una domanda di brevetto che rivendica la priorità di una precedente domanda nazionale di brevetto. I servizi possono essere forniti esclusivamente dai consulenti in proprietà industriale e avvocati, iscritti negli appositi elenchi predisposti e gestiti dall'Ordine dei consulenti in proprietà industriale e dal Consiglio nazionale forense

I fondi stanziati per l'iniziativa, già disposti dall’articolo 6 della Legge 27 dicembre 2023, n. 206, ammontano complessivamente a 9 milioni di euro: la ripartizione del contributo in relazione a ciascuno dei servizi sopra riportati è disponibile qui

L'istanza può essere presentata esclusivamente tramite la procedura telematica predisposta sul sito www.invitalia.it dalle ore 12:00 del 10 dicembre 2024 e dalle ore 9:00 alle 18:00 dei giorni lavorativi successivi, fino a esaurimento delle risorse disponibili. 

La domanda, da redigere su apposito modello pubblicato entro i 20 giorni antecedenti all'apertura dello sportello, deve essere corredata dalla descrizione del servizio per cui si applica, dal nominativo del fornitore del servizio e da alcuni allegati, per l'elenco completo dei quali si rimanda al decreto. Una volta inoltrata la richiesta, per la quale è necessario essere in possesso di un'identità digitale, di una firma digitale , di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) e accedere all' area riservata, alla microimpresa o start-up verrà assegnato un "Codice unico di progetto". Le verifiche relative all'istanza di agevolazione saranno prese in carico da Invitalia in ordine cronologico. 

Il professionista fornitore del servizio, dal canto suo, dovrà completare l'incarico entro 120 giorni dalla notifica del voucher e vedrà rimborsata la propria prestazione direttamente da Invitalia, a fronte di una relazione controfirmata dalla beneficiaria. Al fine di attestare l'avvenuta consulenza, il beneficiario dovrà inviare a Invitalia una relazione dettagliata sull'attività svolta, sottoscritta dal fornitore e dall'impresa secondo l'apposito modello.  

Per restare aggiornati su altri bandi recentemente pubblicati, può essere interessante l’articolo Nuovo bando per le licenze di gioco online italiane - Ecco le FAQ! 

Autrice: Noemi Canova


La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Edoardo Bardelli, Carolina Battistella, Carlotta Busani, Giorgia Carneri, Noemi CanovaGabriele Cattaneo, Maria Rita Cormaci, Camila Crisci, Cristina Criscuoli, Tamara D’Angeli, Chiara D’Onofrio, Federico Maria Di Vizio, Nadia FeolaLaura Gastaldi, Vincenzo GiuffréNicola Landolfi, Giacomo Lusardi, Valentina Mazza, Lara Mastrangelo, Maria Chiara Meneghetti, Deborah Paracchini, Maria Vittoria Pessina, Tommaso Ricci, Marianna Riedo, Marianna Riedo, Rebecca Rossi, Roxana Smeria, Massimiliano Tiberio, Federico Toscani, Federico ToscaniGiulia Zappaterra.

Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea, Flaminia Perna e Matilde Losa.

Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena Varese, Alessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.

Scoprite Prisca AI Compliance, il tool di legal tech sviluppato da DLA Piper per valutare la maturità dei sistemi di intelligenza artificiale rispetto alle principali normative e standard tecnici qui.

È possibile sapere di più su Transfer, il tool di legal tech realizzato da DLA Piper per supportare le aziende nella valutazione dei trasferimenti dei dati fuori dello SEE (TIA) qui e consultare una pubblicazione di DLA Piper che illustra la normativa sul Gambling qui, nonché un report che analizza le principali questioni legali derivanti dal metaverso qui, e una guida comparativa delle norme in materia di loot boxes qui.

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Qualora non si volesse più ricevere gli Innovation Law Insights o ci si volesse iscrivere alla stessa, è possibile inviare un'email a Silvia Molignani.