Innovation Law Insights
19 Dicembre 2024Data Protection & Cybersecurity
Il Garante Privacy ha sanzionato un'azienda per violazioni nelle sue pratiche di telemarketing
Il 12 settembre 2024, il Garante per la protezione dei dati personali (Garante Privacy) ha inflitto una sanzione a un’azienda per violazioni legate alle sue pratiche di telemarketing.
Contesto
L’indagine è scaturita da numerosi reclami relativi a chiamate di telemarketing e messaggi SMS non graditi. Dall’esame condotto, è emerso che l’azienda aveva contattato diversi utenti i cui numeri risultavano iscritti nel Registro Pubblico delle Opposizioni (RPO), uno strumento che consente agli utenti di opporsi a comunicazioni di marketing indesiderate. Questi comportamenti hanno violato disposizioni del GDPR e del Codice Privacy italiano.
La revisione preliminare dei reclami ha rivelato una mancata conformità ai principi di consenso e minimizzazione dei dati. L’azienda ha sostenuto che alcuni utenti avevano prestato il consenso attraverso interazioni quali l’abbonamento ai servizi o l’uso di funzionalità come “Call Me Now.” Tuttavia, le prove fornite sono state giudicate insufficienti a dimostrare che fosse stato raccolto un consenso valido.
Principali rilievi
Il Garante Privacy ha identificato numerose violazioni nelle pratiche dell’azienda:
- Contatti senza consenso valido:
- I registri con i dettagli del consenso forniti dall’azienda non erano idonei a dimostrare che fosse stato raccolto un consenso valido, poiché presentati in formati modificabile (come file Excel).
- In alcuni casi, gli utenti non erano stati informati esplicitamente che i loro dati di contatto sarebbero stati utilizzati per finalità di telemarketing al momento dell’abbonamento a un servizio o dell’utilizzo della funzione “Call Me Now.” Di conseguenza, il consenso non poteva essere considerato né informato né specifico.
- In altri casi, l’azienda si era basata su consensi raccolti diversi anni prima, risalenti in alcuni casi a oltre un decennio. Inoltre, non erano state effettuate verifiche regolari per garantire la validità continua dei consensi, né erano state considerate le eventuali modifiche alle preferenze degli utenti o agli standard normativi.
- Trasparenza insufficiente nella raccolta dati:L’azienda si era affidata a fornitori terzi per la raccolta dei dati degli utenti a fini di marketing, senza verificare che questi seguissero protocolli adeguati per la raccolta di un consenso valido. Di conseguenza, spesso gli utenti prestavano inconsapevolmente il consenso tramite box preselezionati o informative privacy poco chiare.
- Errata classificazione delle comunicazioni: L’azienda aveva inviato un SMS per informare un utente sulla programmazione del proprio servizio di streaming, classificando tale comunicazione come un “messaggio di servizio.” Tuttavia, secondo il Garante Privacy, il messaggio aveva natura promozionale, poiché invitava l’utente a rinnovare l’abbonamento ai servizi di streaming dell’azienda.
In seguito a queste constatazioni, il Garante Privacy ha inflitto all’azienda una multa di 842.062 euro, pari all’1% della sanzione massima potenziale.
Conclusioni
Questo caso evidenzia la vigilanza esercitata dal Garante sulle pratiche di telemarketing messe in atto dalle aziende di tutti i settori.
Per le aziende, questa decisione è importante, in quanto ribadisce l'importanza di controllare regolarmente le pratiche di marketing, monitorando la validità del consenso fornito dall'utente, assicurandosi che i fornitori di dati di terze parti siano conformi quando raccolgono il consenso e rispettando le preferenze di opt-out degli utenti, attraverso un controllo incrociato delle liste di contatti con l'RPO.
Sempre in ambito telemarketing può essere d'interesse l'articolo: "Recenti provvedimenti sanzionatori del Garante Privacy in ambito telemarketing per telefonate senza consenso e attivazione di contratti non richiesti"
Autrice: Roxana Smeria
Intellectual Property
Gucci citata in giudizio per pratiche commerciali ingannevoli e violazione del benessere animale nell’utilizzo di pelli esotiche
Gucci è coinvolta in una controversia avviata come class action, in cui viene accusata di pratiche commerciali ingannevoli e di aver tratto profitto da dichiarazioni false riguardo all'approvvigionamento etico dei suoi prodotti in pelle esotica. La causa, che solleva accuse di crudeltà verso gli animali e di mancanza di trasparenza, ha attirato l'attenzione sulle pratiche di alcuni marchi di alta moda.
Il caso e le accuse contro Gucci
Nel giugno 2024, Tracy Cohen, ex dipendente di Gucci in un negozio di Chicago, ha dichiarato di essere stata formata per vendere prodotti in pelle esotica – come quella di serpente e coccodrillo – presentandoli come provenienti da fonti etiche e rispettose del benessere animale. Cohen sostiene che lei e i consumatori siano stati indotti a credere che queste affermazioni fossero veritiere, fino a quando non ha scoperto articoli di stampa che rivelavano che i fornitori di Gucci erano coinvolti in pratiche non etiche.
Nel marzo 2024, Cohen ha appreso che i fornitori di Gucci in Thailandia erano coinvolti in pratiche non regolamentate di abbattimento di pitoni e coccodrilli. La donna accusa Gucci e la sua società madre, di aver ingannato lei e altri consumatori, inducendoli ad acquistare prodotti in pelle esotica sulla base di false informazioni riguardo alla loro origine etica. La causa è stata intentata a nome di Cohen e di un gruppo di consumatori che hanno acquistato questi prodotti in Illinois a partire dal gennaio 2009.
La decisione del tribunale
Gucci e la sua Holding hanno contestato la causa, chiedendo che venisse annullata. In particolare, la holding ha sostenuto che il tribunale non avesse giurisdizione, considerando che non avesse legami significativi con lo stato dell'Illinois. Tuttavia, il giudice Jeremy C. Daniel del Tribunale Distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto Settentrionale dell'Illinois ha respinto questa richiesta, ritenendo che Gucci non avesse abbastanza collegamenti con lo stato per giustificare l'azione legale. D'altro canto, le accuse nei confronti di Gucci sono state accolte, poiché il giudice ha ritenuto che le dichiarazioni di Cohen fossero sufficientemente dettagliate da supportare la sua causa ai sensi della Legge sulle pratiche commerciali ingannevoli e frodi del consumatore dell'Illinois (ICFA).
Le accuse di pratiche ingannevoli
Nel suo reclamo, Cohen sostiene che durante il suo impiego presso Gucci le fosse stato insegnato a vendere prodotti in pelle esotica come provenienti da fonti etiche, con l'assicurazione che gli animali non fossero stati sottoposti a sofferenze. Cohen afferma che queste dichiarazioni erano ingannevoli, poiché, successivamente, ha scoperto che i fornitori coinvolti erano implicati in pratiche contrarie a quanto dichiarato pubblicamente da Gucci.
Il giudice ha stabilito che le accuse mosse da Cohen fossero abbastanza dettagliate da giustificare una causa ai sensi dell'ICFA, che richiede la dimostrazione che il convenuto abbia messo in atto pratiche ingannevoli con l'intento che i consumatori si fidassero di queste informazioni. Inoltre, è stato stabilito che l'inganno dovesse essere connesso a transazioni commerciali che avessero causato danni. Cohen ha argomentato che i prodotti in pelle esotica erano ingannevoli, poiché provenivano da fonti non etiche, in contrasto con quanto dichiarato pubblicamente da Gucci.
L'accusa di arricchimento ingiustificato
Gucci ha anche contestato la richiesta di Cohen di arricchimento ingiustificato. Tuttavia, poiché la causa basata sull'ICFA è stata accolta, anche la richiesta di arricchimento ingiustificato è proseguita. Cohen sostiene che Gucci abbia tratto vantaggio in modo ingiusto dalla vendita di tali prodotti, beneficiando da pratiche ingannevoli che hanno indotto i consumatori a credere che i prodotti fossero etici.
Crescente attenzione verso l’approvvigionamento etico
Il caso contro Gucci si inserisce in un contesto più ampio di crescente attenzione legale e normativa nei confronti dell'industria dei beni di lusso, in particolare per quanto riguarda le pratiche della catena di fornitura. Altri marchi di lusso sono oggetto di indagini simili, riguardanti la protezione degli animali e le condizioni di lavoro all'interno delle loro catene di approvvigionamento.
In risposta alla crescente richiesta di maggiore trasparenza, molte aziende di lusso stanno acquisendo fornitori strategici per esercitare un controllo più diretto sulla produzione e sull'approvvigionamento. Questo consente ai marchi di garantire che materiali come le pelli esotiche provengano da fonti etiche, rispondendo così alle aspettative dei consumatori riguardo alla produzione responsabile. Tali acquisizioni mirano anche a ridurre i rischi reputazionali legati a pratiche non etiche, come la crudeltà verso gli animali e lo sfruttamento del lavoro.
Conclusioni: l'urgente necessità di trasparenza etica nel lusso
La causa contro Gucci segna un momento di crescente consapevolezza da parte dei consumatori sull'importanza etica del benessere animale e della veridicità delle dichiarazioni commerciali, in particolare quelle legate all’ambiente e al benessere degli animali. Il caso evidenzia l'urgenza per l'industria del lusso di garantire maggiore trasparenza, poiché i consumatori sono sempre più attenti e le normative si fanno più severe.
Questo caso potrebbe avere un impatto significativo, spingendo i marchi di lusso a rivedere le loro catene di approvvigionamento e le loro strategie di comunicazione. Per evitare rischi legali e reputazionali, le aziende dovranno allineare proattivamente le loro pratiche di approvvigionamento e le affermazioni pubblicitarie agli standard etici e alle aspettative dei consumatori.
Su un argomento simile, può interessare la lettura del seguente articolo: SHEIN nel mirino AGCM pubblicità ingannevole sostenibilità capi
Autrice: Maria Vittoria Pessina
Il Natale nell’Era del Diritto d’Autore: protezione, profitto e plagio delle creazioni intellettuali
Da sempre il Natale è una grande fonte di ispirazione per le creazioni intellettuali, siano esse letterarie, musicali o cinematografiche, anche grazie all'alto tasso di redditività di tali opere per i loro creatori. Esempi in questo senso sono l'iconico brano All I Want for Christmas Is You, oggetto di una controversia giudiziale che sta per giungere al termine, ma alcuni personaggi di fantasia, come il Grinch, la cui immagine è tutelata capillarmente dalla società che ne detiene i diritti.
- I diritti sul brano "All I Want for Christmas Is You"
È di poche settimane fa la notizia che il procedimento avviato due anni fa in California circa il presunto plagio dell'opera "All I want for Christmas is You" stia giungendo a termine e, da quanto trapelato, pare estremamente probabile che ad uscirne vincitrice sarà Mariah Carey, che potrà quindi continuare come ogni anno a monetizzare grazie all'enorme diffusione del brano in televisione, nei film e nei negozi.
La vicenda risale all'estate del 2022, quando l'autore Vince Vance ha citato in giudizio Mariah Carey per violazione del copyright, sostenendo che il brano violerebbe il diritto d'autore di una sua omonima canzone del 1989. Dopo alcune vicissitudini processuali, nell'agosto di quest'anno i legali di Carey hanno richiesto l’archiviazione della causa, sostenendo che le accuse di Vance non supererebbero il cd. "test estriseco di somilgianza" messo a punto dalla Corte d'Appello del Nono Circuito (ossia uno dei circuiti regionali del sistema giudiziale americano). Tale test consente di valutare le somiglianze tra due opere, concentrandosi solo sugli elementi tutelabili dell'opera dell'attore ed escludendo dall'analisi gli elementi non tutelabili (Cavalier v. Random House, Inc., 297 F.3d 815, 822 (9th Cir. 2002). Ciò che rimane dopo tale selezione viene messo a confronto con gli elementi corrispondenti dell'opera del convenuto per valutare le somiglianze tra le opere.
Da quanto trapelato negli Stati Uniti, il Giudice avrebbe recentemente anticipato l'intenzione di accogliere la richiesta di archiviazione.
Al netto del fatto che non sono pubblici tutti i dettagli della questione, è interessante notare come una recente decisione del Tribunale di Roma in materia di plagio musicale adotta un ragionamento piuttosto simile al "test estrinseco di somiglianza", concludendo che in caso di plagio parziale di opera musicale occorre accertare (a) il carattere di creatività, novità e compiutezza dei frammenti musicali che si assumono plagiati, (b) la sussistenza o meno di una identità sostanziale tra i frammenti plagiati ed i plagiari, e (c) in presenza di identità sostanziale, se il frammento dell'opera plagiata, a seguito dell'inserimento nell'opera plagiaria, abbia acquisito una sua rilevanza autonoma ed un valore artistico diverso (Tribunale Roma, 10 marzo 2022, n. 3794).
- I brani caduti in pubblico dominio
La redditività delle canzoni e, più in generale, delle opere natalizie, spiega anche l'importanza per molti media di verificare di anno in anno quali diventino di pubblico dominio. L'entrata di un’opera nel pubblico dominio segna, infatti, il passaggio dal monopolio dell’autore, o dei suoi eredi, alla fruizione libera e senza restrizioni da parte della collettività. in quest'ottica, la normativa italiana prevede una tutela delle opere di 70 anni dalla morte dell’autore (Art. 25 L.A.).
Se si guarda alla musica, ad esempio, c'è un'ampia gamma di canzoni natalizie che sono di dominio pubblico (o almeno lo sono le loro composizioni), tra cui canzoni come Jingle Bells, Deck the Halls e Silent Night, che infatti sono frequentemente riprodotte in moltissimi film di Natale.
L'entrata nel pubblico dominio consente ai produttori cinematografici di pagare molto meno (ad esempio, solo la quota dovuta al produttore fonografico se il master è recente) o non pagare affatto, per la sincronizzazione di una canzone all'interno di un film, sincronizzazione che invece di norma ha costi elevatissimi, soprattutto quando si tratta di brani iconici. Similmente, tali canzoni possono essere utilizzate con costi molto contenuti o nulli all'interno di programmi televisivi o altrove.
- I diritti sui personaggi di fantasia
Intorno al Natale sono poi stati creati numerosi personaggi di fantasia, a partire ovviamente da Babbo Natale. Tra questi, una figura chiave della cultura pop, soprattutto dopo il successo del film del 2000 diretto da Ron Howard è il Grinch, i cui diritti sono gestiti da una società leader nel settore dell'intrattenimento per bambini.
Tale società è notoriamente attiva nella tutela di tutti i diritti che ruotano attorno al personaggio, avendo in passato contestato sia l'uso di marchi simili ai marchi registrati dalla stessa, recanti il nome del personaggio, sia la riproduzione non autorizzata delle sue sembianze e caratteristiche, anche in contesti non particolarmente esposti. Ad esempio, la società in passato ha diffidato alcuni fotografi che durante il periodo natalizio utilizzavano le sembianze del Grinch per organizzare servizi fotografici per le famiglie.
Anche in Italia il diritto d'autore tutela i personaggi di fantasia come creazione dell'ingegno distinta e separata dal resto dell'opera in cui sono inseriti, con la conseguenza che anche un solo personaggio di fantasia, se ben delineato nei suoi elementi tipici, è meritevole della protezione offerta dalla legge.
A questo tipo di tutela si può aggiungere la registrazione del nome del personaggio come marchio, che gioca spesso un ruolo fondamentale anche per la possibilità di rinnovo decennale, e quindi anche successivamente alla caduta in pubblico dominio dell'opera.
In conclusione, il Natale rappresenta un momento cruciale per l'industria culturale, sia come fonte di ispirazione per nuove creazioni artistiche – spesso accompagnate da rilevanti questioni di diritto della proprietà intellettuale – sia come periodo strategico per le entrate economiche degli autori e degli artisti.
Su un argomento simile, può essere di interesse l'articolo "Diritto d’autore nel mondo della musica: Kanye West e l’uso non autorizzato di “Everybody” dei Backstreet Boys nel suo prossimo brano".
Autrice: Lara Mastrangelo
Technology Media and Telecommunication
Dal 4 dicembre i cittadini possono utilizzare i documenti digitali su app IO: verso l'identità digitale europea di eIDAS 2.0
Terminata la fase di sperimentazione degli scorsi mesi, dal 4 dicembre tutti i cittadini italiani possono utilizzare la funzionalità “Documenti su IO” e aggiungere al Portafoglio dell'app IO—l'applicazione dei servizi pubblici—la versione digitale di tre documenti fondamentali:
- Patente di guida
- Tessera Sanitaria - Tessera Europea di Assicurazione Malattia
- Carta Europea della Disabilità
Questi documenti digitali potranno essere utilizzati in sostituzione delle versioni fisiche per verifiche dal vivo. Nello specifico:
- La Patente di guida può essere utilizzata in Italia per dimostrare l'abilitazione alla guida durante i controlli delle forze dell'ordine.
- La Tessera Sanitaria permette di accedere alle prestazioni fornite dal Servizio Sanitario Nazionale.
- La Carta Europea della Disabilità mantiene gli stessi utilizzi previsti dalla versione fisica.
Verso l’IT Wallet, in attesa di EUDIW
“Documenti su IO” anticipa solo alcune delle funzionalità del futuro IT Wallet, parte del “Sistema IT-Wallet”, istituito con Decreto legge n.19 del 2 marzo 2024 e costituito dal menzionato wallet nazionale pubblico – accessibile tramite l’App IO –, ma anche da ulteriori wallet che potranno essere resi disponibili da provider privati accreditati. Anche grazie a questa collaborazione, possiamo aspettarci dal 2025 l'aggiunta di documenti come la Carta d’Identità, certificati anagrafici, titoli di studio, licenze professionali e persino abbonamenti ai trasporti pubblici ed alle palestre.
L'Italia compie così un significativo passo in avanti nella direzione tracciata dal nuovo Regolamento 2024/1183 (noto come eIDAS 2.0) entrato in vigore lo scorso maggio, che impone agli Stati Membri l’offerta di almeno un portafoglio europeo di identità digitale (“EUDI Wallet” o “EUDIW”) ai propri cittadini entro il 2026. Sarà entro tale data, dunque, che l’IT Wallet dovrà esssere integrato ad EUDIW.
Può essere utile rammentare come l’IT Wallet ed EUDIW siano due progetti distinti, essendo l’IT Wallet un progetto interamente italianoche va ad anticipare quello più di ampia portata – territoriale ed operativa – del portafoglio digitale europeo. Con EUDIW sarà possibile digitalizzare non solo i documenti di identità, ma anche altre informazioni relative alla persona, come la laurea, certificazioni professionali o i certificati di firma, insieme denominati (nel linguaggio del Regolamento) “attributi”.
Gli attributi digitali
Gli "attributi" rappresentano informazioni aggiuntive legate all'identità di una persona, come:
- Titoli professionali: lauree, certificazioni, iscrizioni ad albi professionali.
- Documenti ufficiali: patente di guida, certificati di matrimonio, attestati di disabilità.
- Informazioni personali aggiornate: residenza, stato civile, ISEE.
Grazie all'EUDIW, gli utenti potranno conservare e condividere in modo sicuro questi attributi, semplificando processi come l'accesso ai servizi e l'onboarding digitale presso aziende e istituzioni, il tutto assicurando un pieno controllo sui propri dati da parte degli utenti.
Conclusioni
La fine del 2024 ha visto l’Italia protagonista nella digital identity, con il roll-out dei primi documenti digitali sulla app IO. Ci si aspetta, ora, un 2025 vero anno pilota per l’identità digitale. L'aumento sensibile delle funzionalità presenti sulla app IO ci porterà ad avere a portata di smartphone non solo documenti di identità ma anche tanto altro, dalla firma digitale agli abbonamenti ai servizi che utilizziamo tutti i giorni.
A questo proposito, risulterà decisiva la collaborazione della Pubblica amministrazione con i singoli provider, i quali potranno integrare le proprie piattaforme – una volta accreditate – al sistema IT Wallet.
Per ripercorrere i passi che hanno portato alla approvazione dell'EUDIW, può essere utile la lettura dell'articolo “Accordo finale del Parlamento e Consiglio dell’UE sul Digital Identity Wallet “.
Autore: Gabriele Cattaneo
La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Edoardo Bardelli, Carolina Battistella, Carlotta Busani, Giorgia Carneri, Noemi Canova, Gabriele Cattaneo, Maria Rita Cormaci, Camila Crisci, Cristina Criscuoli, Tamara D’Angeli, Chiara D’Onofrio, Federico Maria Di Vizio, Nadia Feola, Laura Gastaldi, Vincenzo Giuffré, Nicola Landolfi, Giacomo Lusardi, Valentina Mazza, Lara Mastrangelo, Maria Chiara Meneghetti, Deborah Paracchini, Maria Vittoria Pessina, Tommaso Ricci, Marianna Riedo, Marianna Riedo, Rebecca Rossi, Roxana Smeria, Massimiliano Tiberio, Federico Toscani, Federico Toscani, Giulia Zappaterra.
Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea, Flaminia Perna e Matilde Losa.
Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena Varese, Alessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.
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È possibile sapere di più su “Transfer”, il tool di legal tech realizzato da DLA Piper per supportare le aziende nella valutazione dei trasferimenti dei dati fuori dello SEE (TIA) qui e consultare una pubblicazione di DLA Piper che illustra la normativa sul Gambling qui, nonché un report che analizza le principali questioni legali derivanti dal metaverso qui, e una guida comparativa delle norme in materia di loot boxes qui.
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