Innovation Law Insights
16 maggio 2024Artificial Intelligence
Assicurare l’imprevedibile: le polizze per il rischio di IA
L'intelligenza artificiale (IA) sta rapidamente permeando vari settori economici. Dai servizi finanziari e assicurativi al life science, passando per ambiti diversi come la vendita al dettaglio, l'industriale, l'immobiliare, il media e lo sport, l'IA sta rimodellando i paradigmi tradizionali e segnando un cambiamento nel modo in cui le imprese operano e innovano.
Solo per fare qualche esempio, nel settore dei servizi finanziari le tecnologie di IA sono impiegate per potenziare il servizio clienti, semplificare la valutazione del merito creditizio e rafforzare i meccanismi di rilevamento delle frodi. I modelli di IA stanno trasformando anche le operazioni assicurative nella gestione dei sinistri, nella sottoscrizione, nel servizio clienti e nella valutazione del rischio, migliorando il processo decisionale. Nel life science l'IA sta alimentando il progresso nella ricerca e sviluppo, facilitando la scoperta di nuovi farmaci, l'assistenza personalizzata ai pazienti e innovando i metodi diagnostici e terapeutici. Anche il comparto industriale sta sfruttando le potenzialità dell'IA per ottimizzare l'efficienza operativa e migliorare la resilienza organizzativa rispetto a fluttuazioni e perturbazioni di mercato.
Secondo il Global AI Governance Report di DLA Piper dello scorso settembre le grandi e medie imprese stanno adottando l'IA in modo consistente. Il 96% delle imprese intervistate ha dichiarato di avere almeno quattro progetti di IA in corso di realizzazione e l'83% di aver delineato una strategia di IA, inclusa l’adozione di linee guida per governare le proprie iniziative di IA. Il Report suggerisce anche che le imprese stiano compiendo passi significativi verso un uso conforme ed etico dell'IA, ma che saranno necessarie misure molto più incisive per affrontare la portata delle problematiche sollevate.
Vantaggi e rischi dell’AI nel settore assicurativo
Nonostante il potenziale dell'IA nel trasformare le pratiche aziendali e nel favorire una creazione di valore senza precedenti, il suo percorso di integrazione può presentare parecchie insidie. Quando il Regolamento europeo sull'IA (“AI Act”) entrerà in vigore, verosimilmente prima dell’estate, le imprese avranno 24 mesi di tempo (con alcune eccezioni) per conformarsi. Tuttavia, normativa e regolamentazione di settore esistenti pongono già diverse problematiche da considerare e il rischio attuale di sanzioni e azioni giudiziarie non è affatto da sottovalutare.
La mancanza di trasparenza, soprattutto in modelli complessi di deep learning, come gli LLM (Large Language Models), è una delle principali criticità da gestire. Da un lato rende più complicata per gli utenti la comprensione dei meccanismi decisionali dei sistemi di IA, favorendo sfiducia e resistenza alla loro adozione. Dall’altro lato può ostacolare l’identificazione e la correzione dei bias (pregiudizi) dell’IA, proprio a fronte della difficoltà di esaminare i processi decisionali sottostanti. Inoltre, la mancanza di trasparenza è da considerare anche in relazione all’adeguamento normativo e alla supervisione, poiché può rendere meno agevole determinare se i sistemi di IA siano conformi a leggi, regolamenti e standard.
I sistemi di IA sono potenzialmente in grado di propagare i bias della società, dando luogo a discriminazioni. Ciò si verifica quando i dati utilizzati per l'addestramento dei modelli di IA rispecchiano talune inclinazioni sociali radicate, come quelle legate all’appartenenza etnica, al sesso o allo status socioeconomico. Se i dati di addestramento presentano pregiudizi, il sistema di IA potrebbe interiorizzarli e perpetuarli nei suoi processi decisionali. Ad esempio, nel settore assicurativo, se i dati storici utilizzati per addestrare uno strumento di valutazione del rischio basato sull'IA dimostrano un pregiudizio nei confronti di alcuni gruppi demografici, il sistema di IA potrebbe inconsciamente perpetuare questo pregiudizio, fissando premi iniqui per le polizze o negando la copertura a persone appartenenti a specifici gruppi, aggravando così le disparità esistenti nell'accesso alle coperture assicurative.
Altre questioni riguardano la protezione dei dati e la sicurezza informatica. I sistemi di IA si basano su grandi moli di dati, utilizzati per addestrare gli algoritmi e migliorarne le prestazioni. Dati che comprendono una vasta gamma di informazioni e possono includere dati personali come nomi, indirizzi, informazioni finanziarie e informazioni sensibili, ad esempio in relazione allo stato di salute. Dati che potrebbero essere esposti a un maggior rischio di accesso e trattamento non autorizzato, come anche di data breach. Inoltre, l’adozione di sistemi di IA può portare con sé vulnerabilità e minacce specifiche anche sotto il profilo della sicurezza informatica, tra cui potenziali violazioni, manipolazione dei dati, attacchi "adversarial" e, in generale, sfruttamento dei sistemi di IA per scopi malevoli.
L'IA pone, oltretutto, una serie di sfide per la proprietà intellettuale, in particolare per quanto concerne l'addestramento di modelli di IA su dataset di terzi e la tutela dei risultati generati dall'IA. L'addestramento di modelli di IA utilizzando dataset di terzi può tradursi in una violazione dei loro diritti di proprietà intellettuale, aprendo la via a potenziali controversie in materia di diritto d’autore, segreto commerciale o altri diritti di proprietà intellettuale. Un altro importante tema riguarda la tutelabilità degli output generati dall'IA, ossia codice software, testo, immagini o altri contenuti. Soprattutto ove si tratti di combinare e trasformare opere già esistenti, determinare se l’output dell’IA sia proteggibile e definire i confini di un’eventuale tutela può risultare un’operazione complessa.
I rischi appena elencati, ma non solo, possono esporre le imprese che adottano l'IA a gravi responsabilità nei confronti di clienti, partner e altri stakeholder. Per mitigarli – oltre a conformarsi requisiti e gli obblighi che si applicheranno in base all'AI Act e che già si applicano in base a normative e regolamenti attuali – le imprese dovrebbero adottare solide policy e linee guida interne per governare lo sviluppo, l’implementazione e l’utilizzo dei sistemi di IA. Dovrebbero anche avvalersi di clausole contrattuali robuste negli accordi con fornitori e altri stakeholder per delineare con precisione obblighi e responsabilità legati all'utilizzo dell'IA. Per proteggere i dati e i sistemi di IA da violazioni ed accessi non autorizzati, dovrebbero inoltre adottare misure tecniche come, ad esempio, la crittografia, il controllo degli accessi, un’efficace supervisione e meccanismo di rilevamento delle anomalie. Inoltre, l’adozione di misure organizzative, come programmi continuativi di formazione e sensibilizzazione di dipendenti e collaboratori, potrebbe facilitare la creazione di una cultura aziendale basata su responsabilizzazione e conformità ai requisiti normativi e agli standard etici nell’impiego dell’IA.
Assicurare l'imprevedibile
Oltre a queste misure, di natura legale, tecnica e organizzativa, le aziende di vari settori stanno valutando con i loro broker se i rischi derivanti dall'utilizzo dei sistemi di IA possano essere ricompresi nelle coperture assicurative esistenti o debbano essere affrontati con nuove polizze.
Sebbene alcune polizze esistenti, come l’assicurazione PL/PI, la cyber e la RC, possano coprire alcuni rischi legati all’IA, sono emerse lacune significative che richiedono un ripensamento delle stesse e la possibile creazione di nuove soluzioni a seconda delle situazioni specifiche.
Come noto, alla base del contratto di assicurazione vi è sempre la valutazione del rischio. E il rischio può essere assicurato se origina una perdita definitiva che ha luogo in un momento determinato, in un luogo preciso e che deriva da alcune cause specifiche; il danno causato è accidentale; le perdite sono prevedibili (la prevedibilità consente di valutare la frequenza e la gravità) e i sottoscrittori possono offrire premi ragionevoli. Effettuare un’accurata valutazione del rischio risulta fondamentale sia per i sottoscrittori che per gli assicurati. Infatti, da un lato, i sottoscrittori possono escludere o limitare alcuni rischi specifici e, dall’altro, gli assicurati possono definire la copertura più appropriata contro determinati sinistri.
Nel caso della responsabilità civile per l’uso di IA la valutazione del rischio è una nuova frontiera da esplorare. In questo caso, l'assicurazione non è un concetto statico: potrebbe essere molto difficile valutare l’aggravamento o la riduzione dei rischi, che possono mutare rapidamente.
Le primissime polizze disponibili sul mercato che garantiscono una certa copertura contro i rischi di terzi derivanti dall’IA consistono in soluzioni per adattare le assicurazioni esistenti alle sfide poste dall’IA, quali esclusioni e franchigie specifiche, assunzione del rischio in coassicurazione, limiti/sottolimiti di copertura specifici che possono trasformare rischi sottostanti non quantificabili in esposizioni determinate.
Nel prossimo futuro alcuni rischi attualmente coperti potrebbero non essere più assicurabili, almeno non senza un premio più elevato. Allo stesso tempo, potrebbe accadere che alcuni rischi attualmente non coperti siano meglio compresi e diventino assicurabili a prezzi accessibili. Un numero maggiore di rischi rispetto al passato potrebbe essere ammesso alla copertura a condizioni ragionevoli, sulla base di valutazioni personalizzate.
Indicazioni più precise potrebbero essere fornite dall’UE. L'Unione Europea è intervenuta con una proposta di direttiva (la Direttiva IA), con l'obiettivo di armonizzare il regime di responsabilità extracontrattuale in caso di danni causati dai sistemi di IA, e con il già citato AI Act, che i danni mira principalmente a prevenirli. In particolare, l'articolo 5 della Direttiva IA stabilisce che in una seconda fase di applicazione della stessa l’UE prenderà in considerazione la possibilità di imporre una copertura assicurativa obbligatoria. Tuttavia, la norma non chiarisce chi sarebbe soggetto a tale obbligo: le imprese che utilizzano l'IA? Le imprese che producono sistemi di IA? Le imprese che distribuiscono sistemi di IA? Tutte?
Di fronte a questa incertezza, una cosa è però certa: che le coperture assicurative costituiranno uno degli strumenti fondamentali – assieme ad altri che in parte abbiamo citato in questo articolo – per creare le condizioni di un utilizzo più sicuro e controllato dell’IA in tutti i settori economici.
Su un argomento simile può essere d’interesse l’articolo “AI e GDPR: il Garante francese pubblica raccomandazioni sullo sviluppo dell’AI in conformità con il GDPR”
Autore: Giacomo Lusardi, Karin Tayel, Andrea Olivieri
Data Protection & Cybersecurity
Recepimento della Direttiva NIS2: quali novità
La Direttiva NIS2 è stata pubblicata a dicembre del 2022 e ha introdotto gravosi obblighi in materia di cybersecurity per un ampio numero di società. La Direttiva dovrà però essere recepita nei singoli Stati Membri dell’Unione Europea entro il prossimo 17 ottobre 2024.
Come noto, gli ultimi anni hanno visto un aumento esponenziale del rischio cyber tale da indurre i legislatori nazionali ed europei ad innalzare le difese contro eventuali attacchi informatici. La Direttiva NIS2, evoluzione della Direttiva NIS1, si pone in tale ottica quale strumento volto ad aumentare i sistemi di sicurezza di un numero sempre crescente di settori contro i cyberattacchi.
Lo strumento utilizzato dal legislatore europeo è però quello della Direttiva con la conseguenza che la stessa, per essere applicabile nei singoli stati membri, dovrà essere recepita (ed eventualmente integrata) dai legislatori nazionali.
Il livello di recepimento della Direttiva NIS2 negli stati membri
In tale ottica alcuni stati europei si sono già mossi.
La Croazia e l’Ungheria sono, ad oggi, gli unici Stati dell’UE ad aver, ad oggi, pubblicato la propria normativa di recepimento.
Alcuni Stati sono invece in una fase (o hanno appena concluso la fase) di pubblica consultazione. Ad esempio, in Belgio, il Primo Ministro ha incaricato il Centro per la Cybersecurity del Belgio di organizzare una consultazione pubblica sul progetto preliminare di legge di recepimento della Direttiva. Lo stesso sta accadendo in Finlandia ed in Slovenia.
Altri, infine, hanno già pubblicato le prime bozza di normativa di recepimento, come ad esempio la Germania e la Lettonia ma non hanno ancora adottato il testo definitivo.
Appare però evidente come molti Stati Membri non si siano ancora effettivamente mossi nell’adozione delle opportune disposizioni di recepimento o, quanto meno, non vi sono ancora informazioni ufficiali in tal senso.
Cosa accade in Italia
Per quanto concerne l’Italia, il Parlamento italiano ha delegato al Governo la attuazione della Direttiva NIS2, emanando la Legge di delegazione europea n. 15/2024 (la “Legge di Delegazione”). Benché non siano ancora circolate indiscrezioni sul testo del decreto legislativo che poi attuerà effettivamente la Direttiva NIS2, gli articoli 1 e 3 della Legge di Delegazione forniscono un inquadramento generale dei criteri che il Governo dovrà seguire per il recepimento della Direttiva.
In particolare, il Governo dovrà adottare il decreto legislativo implementativo della Direttiva entro il termine di 4 mesi antecedenti alla data di recepimento indicato nella direttiva stessa. Questo significa che, salvo ritardi, entro - al più tardi - metà giugno 2024, il Governo dovrà pubblicare il nuovo testo normativo. Dal momento poi della entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento della Direttiva, il Governo avrà la possibilità, entro 24 mesi, di adottare ulteriori disposizioni integrative e correttive. Resta inteso che sia la normativa di recepimento che le disposizioni integrative e correttive non potranno in alcun modo prevedere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalla direttiva stessa.
Ciò detto il compito del Governo è certamente complesso in quanto la Legge di Delegazione prevede altresì la necessità di istituire un regime transitorio per i soggetti che sono già sottoposti alle disposizioni della Direttiva NIS1, ovvero agli (i) Operatori di Servizi Essenziali (OSE) – identificati con un elenco nominativo nazionale ad oggi costituito da circa 465 società - e (ii) ai Fornitori di Servizi Digitali (FSD), i.e. operatori di e-commerce, motori di ricerca a cloud computing. È quindi ragionevole pensare che, soprattutto per tali società, vedremo un riordino della normativa cyber italiana ma anche l’introduzione di un grace period per alcune aziende.
In tale ottica la normativa di recepimento della Direttiva NIS2 dovrà anche rivedere il regime sanzionatorio ed il sistema di vigilanza delle autorità competenti, introducendo eventualmente strumenti deflattivi del contenzioso, quali la diffida ad adempiere.
Non ci resta quindi che attendere, fermo restando che l’attesa dovrebbe essere ancora breve. Stay tuned!
Per saperne di più sulla Direttiva NIS2 può essere d’interesse l’articolo: “Normative cyber: inquadramento NIS2 e DORA”
Autrice: Giulia Zappaterra
Intellectual Property
IGP e moda: nuove prospettive per la tutela dei prodotti artigianali
Se fino ad oggi il termine “indicazioni geografiche protette” (“IGP”) ha evocato sapori e tradizioni eno-gastronomiche di eccellenza, facendoci sognare i tesori culinari del nostro territorio, presto potremmo iniziare a collegarlo anche a un ambito sorprendentemente diverso: quello della moda e dei prodotti artigianali.
Il 16 novembre 2023 è entrato in vigore del Regolamento (UE) 2023/2411 (il “Regolamento”) relativo alla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali, con cui l’Unione Europea ha compiuto un significativo passo avanti nella protezione della proprietà intellettuale, offrendo nuove opportunità per valorizzare e tutelare uniformemente in Europa l’eccellenza e l’unicità del patrimonio produttivo europeo ed extra europeo.
Il nuovo Regolamento amplia il campo di applicazione delle IGP, precedentemente riservate ai prodotti agricoli, alimentari, vini e bevande spiritose, includendo ora anche i prodotti artigianali e industriali con qualità o reputazione legate alla zona di produzione. Sarà possibile presentare le domande per ottenere il riconoscimento previsto dal nuovo Regolamento a partire dal 1° dicembre 2025. Nel frattempo, i produttori avranno l’opportunità di valutare se i propri prodotti soddisfano i criteri stabiliti dal Regolamento e di individuare eventuali marchi registrati che potrebbero rappresentare un impedimento all’ottenimento di tale status.
Senza dubbio, il Regolamento apre nuove prospettive per la nostra economia. Infatti, prodotti emblematici dell’artigianato e dell’industria italiana come il marmo di Carrara, i coltelli di Maniago, il vetro di Murano, l’oro di Valenza, i tessuti di Como o il cuoio di Santa Croce sull’Arno, potrebbero essere riconosciuti e protetti a livello europeo e, così, beneficiare di una tutela rafforzata in grado di salvaguardare la loro autenticità e qualità contro imitazioni e contraffazioni.
Come già accade per i prodotti agro-alimentari, per i vini e per le bevande spiritose, si prevede che la protezione dei prodotti artigianali e industriali attraverso le IGP, stimolerà la domanda internazionale di prodotti italiani autentici e certificati IGP, aumentando le esportazioni e, di conseguenza, il valore aggiunto per l’economia del paese.
L’UE mira così a garantire che i consumatori, tramite le IGP, possano essere consapevoli dei processi produttivi, delle materie prime e delle abilità specifiche impiegate nei prodotti (che saranno necessariamente e strettamente legati alla loro area geografica di origine). Questo approccio si collega all’obiettivo di rafforzare la fiducia nei confronti del Made in Italy, in contesti dove – spesso – la mancanza di trasparenza nella catena di produzione minaccia la sua integrità.
Uno di questi contesti è proprio il settore della moda, dove le pratiche di produzione e l’origine dei prodotti possono talvolta essere ambigue. Pertanto, il nuovo Regolamento potrebbe portare a una maggiore valorizzazione degli elevati standard dei prodotti di moda italiani, contrastando efficacemente la problematica della contraffazione e migliorando la percezione globale del Made in Italy.
Armonia normativa: intrecci tra il Regolamento e la Legge sul Made in Italy
Con l’entrata in vigore della Legge n. 206 “Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy” del 27 dicembre 2023 (“Legge sul Made in Italy”), si è inaugurato un nuovo capitolo nella valorizzazione, promozione e tutela del “Made in Italy”. L’obiettivo del legislatore è duplice: salvaguardare l’identità culturale italiana e stimolare la crescita economica nazionale, sia in patria che all’estero. In tal senso, la normativa si allinea agli standard e alle regole del mercato interno dell’Unione Europea, garantendo coerenza e compatibilità con le direttive comunitarie.
La Legge sul Made in Italy non solo si configura come un fondamentale punto di partenza rispetto al nuovo Regolamento, ma anche come strumento chiave per identificare e tutelare i prodotti artigianali e industriali italiani attualmente privi di adeguate tutele. Si prevede altresì il finanziamento alle associazioni di produttori per la redazione dei disciplinari di produzione, al fine di garantire standard qualitativi che assicurino l’autenticità e l’eccellenza dei prodotti artigianali italiani, in conformità con le disposizioni del Regolamento.
La normativa si pone anche l’obiettivo specifico di tutelare e promuovere i prodotti artigianali di eccellenza, come le stoffe, i pizzi e i merletti italiani, che rappresentano una parte fondamentale del patrimonio culturale e della tradizione manifatturiera del Paese, riconoscendo l’importanza di preservare le antiche tradizioni e di sostenere i maestri artigiani che le tramandano.
Il Ministero, in qualità di ente guida e responsabile, ha avviato un processo di analisi e riorganizzazione al fine di individuare l’organismo competente per la gestione delle indicazioni geografiche per i prodotti artigianali e industriali. Tuttavia, al momento, non è ancora stata definita né l’unità organizzativa né l’ufficio specifico incaricato di questa delicata materia, che avrà la responsabilità di gestire le eventuali opposizioni nella fase nazionale e di interagire direttamente con l’EUIPO per l’ottenimento della tutela a livello comunitario.
Con l’entrata in vigore della Legge sul Made in Italy, l’Italia ha intrecciato un nuovo filo d’eccellenza artigianale nel panorama internazionale. L’Italia si sta infatti preparando a tessere un futuro sostenibile e brillante, dove la diversità culturale è un tessuto connettivo e la qualità artigianale è la punta di diamante nella coronazione del suo prestigio.
Trame del Mondo: le indicazioni geografiche nella salvaguardia dei tessuti, dall’Asia all’Africa
Da quanto sopra emerge, quindi, che l’Unione Europea non ha tutelato adeguatamente, per lungo tempo, il patrimonio culturale rappresentato dall’artigianato, un elemento cruciale che definisce l’identità e la storia delle sue nazioni. Solo la Francia, in modo autonomo, aveva anticipato l’esigenza di proteggere questo settore già nel 2014, estendendo la protezione delle indicazioni geografiche ai prodotti artigianali, come la porcellana di Limoges, rinomata per la sua qualità e maestria.
Al contrario, Paesi come l’India hanno riconosciuto l’importanza di tutelare i propri tessuti tradizionali sin dal 2003, mediante la Geographical Indications of Goods Registration & Protection Act, 1999. Ciò ha permesso la registrazione di ben 484 indicazioni geografiche, valorizzando prodotti come il Pochampalli Ikat, le saree di Chanderi, le pitture tradizionali di Mysore e il Banaras Zardozi. Questa tutela non solo ha riconosciuto il valore economico e culturale dell’artigianato indiano ma ha anche migliorato il tenore di vita degli artigiani, aumentando prezzo e autenticità dei prodotti e attirando più turisti e acquirenti.
Ancora, numerosi sono i Paesi che guardano alla tutela delle loro conoscenze tradizionali (Traditional Knowledge) attraverso le indicazioni geografiche e che stanno tentando già da tempo di muoversi in tal senso. Per fare alcuni esempi, si pensi al Cashmere in Kashmir, famoso per la sua straordinaria qualità e morbidezza, è uno dei tessuti di lusso più ricercati al mondo. Oppure, ancora, all’Indonesia, con il suo Batik, una tecnica di tintura del tessuto che utilizza la cera per creare disegni intricati. Un altro interessante esempio è il Kente del Ghana, su cui si sono accesi i riflettori a seguito dell’utilizzo da parte di una rinomata casa di moda francese di un tessuto a questo molto simile durante la Paris Men’s Fashion Week 2021. Si tratta di un tessuto tradizionale noto per i suoi colori vivaci e per i disegni complessi, che rappresentano simboli culturali significativi per le comunità ghanesi. La mossa della maison è stata criticata con l’accusa di non aver reso omaggio alla ricca cultura ghanese e per non aver coinvolto gli artigiani locali nella produzione.
Alla luce di tutto ciò, in ambito europeo, la recente implementazione della tutela delle IGP sui prodotti artigianali, come le stoffe, i pizzi e i merletti si configura come un’opportunità senza precedenti, che le aziende di moda italiane, in particolare, non dovrebbero esitare a sfruttare.
Valorizzazione della Brand Reputation: tutela delle IGP sui prodotti artigianali nel settore della moda
La tutela prevista per le IGP dal nuovo Regolamento non solo conferisce un sigillo di autenticità e qualità a tali manufatti, ma offre anche un potentissimo strumento per ampliare e rafforzare la brand reputation permettendo alle aziende di emergere nel panorama internazionale della moda con un profilo distintivo e inconfondibile.
Innanzitutto, la tutela delle IGP sui prodotti tessili artigianali consentirà alle aziende di moda di esprimere un profondo legame con le ricche tradizioni e l’artigianato italiano, sedimentando così una reputazione di eccellenza e raffinatezza nel cuore dei consumatori. Questo legame tangibile con l’autenticità e l’eredità culturale italiana non solo accrescerà la percezione del brand, ma accenderà una connessione emotiva con il pubblico, generando fiducia e fedeltà al brand nel lungo termine. Tale tutela offrirà, inoltre, un’opportunità senza precedenti per differenziare il proprio brand su scala globale.
Considerando che attualmente tali manufatti tessili italiani non godono ancora di protezione a livello comunitario, le aziende di moda possono anticipare e prepararsi a sfruttare questa prospettiva futura per emergere come pionieri nel settore della moda di lusso e sostenibile. Questa distintività non solo attrarrà una clientela esigente e sofisticata, ma anche proietterà un’immagine di esclusività e prestigio che contribuirà a valorizzare ulteriormente il brand.
L’implementazione della tutela delle IGP sui prodotti tessili artigianali, infine, potrà costituire un utile mezzo per promuovere la sostenibilità ambientale e sociale nel settore della moda. Le aziende che si impegneranno ad utilizzare materiali provenienti da regioni specifiche italiane e che rispetteranno le tecniche e le tradizioni artigianali locali potranno comunicare un forte impegno verso la conservazione dell’ambiente e il sostegno delle comunità locali. Questo approccio responsabile ed etico non solo migliorerebbe la reputazione del brand, ma risponderebbe anche alle crescenti aspettative dei consumatori moderni, sempre più attenti alle questioni ambientali e sociali.
In conclusione, sfruttare appieno il potenziale delle IGP per i prodotti tessili artigianali italiani nella moda è un imperativo per le aziende che desiderano rafforzare la propria brand reputation. Questa tutela offre una preziosa opportunità per comunicare autenticità, qualità e unicità, differenziando il brand nel competitivo panorama della moda internazionale. Le aziende che abbracceranno questa opportunità con passione e impegno potranno rafforzare la propria reputazione e consolidare la propria posizione come leader nel settore della moda, contribuendo allo stesso tempo a promuovere valori di sostenibilità e responsabilità sociale d’impresa.
Non ci resta che attendere e osservare quali aziende del settore moda sceglieranno di percorrere la strada dell’innovazione, avvalendosi delle IGP per distinguersi sul mercato.
Su un simile argomento potrebbe interessarvi l’articolo: “Innovazione e Sostenibilità: il binomio che fa moda”
Autrici: Miriam Romeo, Maria Rita Cormaci
Technology, Media and Telecommunications
Osservatorio sulle comunicazioni dell’AGCom per il 2023
Il 29 aprile l’AGCom ha pubblicato il primo Osservatorio sulle Comunicazioni per il 2024, contenente i dati relativi all’intero 2023.
I dati riportati nell’Osservatorio sulle Comunicazioni indicano che nell’ultimo trimestre del 2023, da settembre a dicembre, si è registrata una marginale flessione degli accessi complessivi per la rete fissa quantificabile in 16.000 unità. Su base annua, vi sono stati 127.000 accessi in meno rispetto al corrispondente periodo del 2022; a dicembre 2022 le linee complessive di rete fissa erano circa 20,23 milioni, mentre a dicembre 2023 sono state pari a 20,11 milioni. Rispetto al mese di dicembre 2019 – quando le reti erano circa 17,8 milioni – si è invece registrato un aumento degli accessi per la rete fissa quantificabile in 330.000 unità.
Le tradizionali linee basate su tecnologie in rame si sono ridotte di circa 186.000 unità – e quindi del 3,8% rispetto al totale – su base trimestrale; di circa 798.000 unità rispetto a dicembre 2022 e di oltre 5,7 milioni di accessi nell’ultimo quadriennio.
Per quanto riguarda invece le reti in tecnologie diverse dal rame, rispetto a dicembre 2022 si è registrata una lieve flessione, quantificabile nel 4,6%, nel numero di accessi in rete FTTC (“Fiber To The Cabinet”), con un totale di circa 9,79 milioni di accessi a dicembre 2023. Gli accessi alla rete in tecnologia FTTH (“Fiber To The Home”) sono invece aumentati di circa 978.000 unità su base annua (con una crescita del 26,9%), ammontando a circa 4,6 milioni di accessi a fine dicembre 2023. In crescita, anche se in misura più contenuta, risultano anche le linee FWA (“Fixed Wireless Access”) che, con un incremento di quasi 150.000 unità nell’anno scorso (e quindi del 7,6% rispetto a dicembre 2022), hanno raggiunto 2,11 milioni di linee a fine dicembre 2023.
A fine dicembre 2023, le linee broadband complessive ammontavano a circa 18,95 milioni, risultando sostanzialmente invariate su base annua e registrando una lieve crescita – quantificabile in 22.000 linee – su base trimestrale.
Come si apprende dal comunicato stampa relativo all’Osservatorio dell’AGCom, le dinamiche appena descritte hanno determinato un consistente aumento delle prestazioni dei servizi di comunicazione elettronica dal punto di vista della velocità di connessione; le linee con velocità pari o superiori ai 100 Mbit/s a fine dicembre 2023 ammontavano al 73,4% del totale, a fronte del 40,3% registrato a dicembre 2019. Inoltre, le linee commercializzate con capacità trasmissiva superiore a 1 Gigabit al secondo sono passate dal 3,2% al 22,2% nell’ultimo triennio.
Si riconferma al contempo il trend in crescita del consumo di dati: il volume complessivo dei dati consumati giornalmente nel 2023 è aumentato del 15,6% rispetto al dato registrato a dicembre 2022 e del 120% rispetto al corrispondente periodo del 2019. Ciò si riflette sui dati unitari di consumo per le singole linee di rete fissa broadband: il dato del traffico giornaliero registrato in relazione a ciascuna linea broadband è più che raddoppiato nell’ultimo quadriennio, passando da una media giornaliera di 4,23 nel 2019 a 8,52 GB nel 2023 per ciascuna linea.
Con riferimento al segmento della rete mobile, a fine dicembre 2023, il numero complessivo delle SIM (sia cd. “human”, ossia “solo voce”, “voce+dati” e “solo dati” che prevedono interazione umana, che M2M, ossia “machine-to-machine”) è stato pari a 108,5 milioni (con un aumento di circa 1,3 milioni su base annua, e quindi dell’1,2%). In particolare, le SIM M2M sono aumentate di 1,2 milioni di unità in un anno, mentre, nello stesso arco temporale, l’incremento di quelle human è risultato pari a 62.000 unità (per un totale di 78,5 milioni di SIM human a fine dicembre 2023, per il 13,5% appartenenti alla clientela business e per il restante 86,5% a quella residenziale cd. consumer).
Come descritto dall’AGCom, sono valutabili in circa 58,6 milioni le SIM human che hanno prodotto traffico dati nel corso dell’ultimo trimestre del 2023, valore superiore di circa 2 milioni di unità rispetto al corrispondente valore del 2022. Il consumo medio unitario giornaliero del periodo gennaio-dicembre 2023 è stimabile in circa 0,78 GB, in crescita del 21,1% rispetto al 2022 e di oltre il 230% rispetto al corrispondente periodo del 2019, quando risultava stimabile in 0,23 GB.
Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Osservatorio sulle comunicazioni dell’AGCom per i primi nove mesi del 2023”.
Autori: Massimo D’Andrea, Flaminia Perna, Matilde Losa
La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Arianna Angilletta, Matteo Antonelli, Edoardo Bardelli, Carolina Battistella, Carlotta Busani, Giorgia Carneri, Maria Rita Cormaci, Camila Crisci, Cristina Criscuoli, Tamara D’Angeli, Chiara D’Onofrio, Federico Maria Di Vizio, Enila Elezi, Alessandra Faranda, Nadia Feola, Laura Gastaldi, Vincenzo Giuffré, Nicola Landolfi, Giacomo Lusardi, Valentina Mazza, Lara Mastrangelo, Maria Chiara Meneghetti, Deborah Paracchini, Maria Vittoria Pessina, Tommaso Ricci, Miriam Romeo, Rebecca Rossi, Roxana Smeria, Massimiliano Tiberio, Giulia Zappaterra.
Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea, Flaminia Perna e Matilde Losa.
Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena Varese, Alessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.
Scoprite Prisca AI Compliance, il tool di legal tech sviluppato da DLA Piper per valutare la maturità dei sistemi di intelligenza artificiale rispetto alle principali normative e standard tecnici qui.
È possibile sapere di più su “Transfer”, il tool di legal tech realizzato da DLA Piper per supportare le aziende nella valutazione dei trasferimenti dei dati fuori dello SEE (TIA) qui e consultare una pubblicazione di DLA Piper che illustra la normativa sul Gambling qui, nonché un report che analizza le principali questioni legali derivanti dal metaverso qui, e una guida comparativa delle norme in materia di loot boxes qui.
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