Aggiungi un segnalibro per cominciare

Abstract_Lights_P_0152
12 ottobre 202314 minuti di lettura

Innovazione e diritto: le novità della settimana

12 ottobre 2023
Data Protection & Cybersecurity

CyberItalia: L’evoluzione normativa della cybersecurity in Italia, cosa bisogna sapere

Alla luce della complessità e ormai ampiezza della legislazione in materia, ripercorriamo attraverso una timeline l’evoluzione del quadro normativo in materia di cybersecurity in Italia. Potete leggere di più sull’argomento QUI.

L’Autorità privacy norvegese chiede il blocco permanente della pubblicità comportale su Facebook e Instagram

L'Autorità garante per la protezione dei dati personali norvegese (Datatilsynet) ha richiesto all’European Data Protection Board (EDPB) di intervenire nuovamente, e in maniera definitiva, sul divieto di proporre pubblicità comportamentale su Facebook e Instagram imposto a Meta lo scorso luglio 2023 dalla stessa autorità norvegese rendendolo permanente ed estendendolo a tutta l'Unione Europea.

Ma facciamo un passo indietro: il tutto prende origine dal provvedimento adottato lo scorso dicembre dal Data Protection Commission (DPC) con cui l’Autorità garante irlandese ha sanzionato Meta per 390 milioni di euro a causa della base giuridica scelta dal colosso di Menlo Park per i propri annunci personalizzati. L’Autorità garante irlandese prima, e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea poi, hanno infatti stabilito che il legittimo interesse di Meta ad utilizzare la pubblicità comportamentale per finanziare i propri social network non è sufficiente a giustificare il trattamento dei dati degli utenti senza il consenso degli stessi.

Sulla scorta delle vicende sopra richiamate, il 14 luglio scorso, l’Autorità garante norvegese ha quindi vietato a Meta di utilizzare la pubblicità comportamentale sugli utenti norvegesi, per tre mesi e, in ogni caso, fintantoché non abbia raccolto il consenso dagli utenti. Il divieto, ormai in vigore dal 4 agosto e in scadenza il prossimo 4 novembre, sembra, però, non aver sortito l’effetto sperato in quanto Meta – sebbene abbia annunciato, attraverso un blog post, di voler adottare il consenso come nuova base giuridica della pubblicità targetizzata – non ha ancora modificato le proprie piattaforme.

Proprio per questa ragione, ossia per l’inattività di Meta anche di fronte alle sempre più numerose azioni inibitorie promosse dalle Autorità garanti europee, Datatilsynet ha deciso di coinvolgere l’EDPB per ottenere una decisione risolutiva: vietare definitivamente la pubblicità comportale basata sul legittimo interesse su Facebook e Instagram in tutta Europa.

L'Autorità garante norvegese, tuttavia, precisa che non è la pubblicità personalizzata su Facebook o Instagram per sé ad essere illegittima. Ciò che Datatilsynet contesta è il monitoraggio continuo dell'attività degli utenti di Facebook e Instagram, inclusi i contenuti per cui gli utenti mostrano interesse e pubblicano, per mostrare annunci personalizzati senza averne ottenuto il previo consenso. 

Meta, dal canto suo, ha espresso il suo dissenso rispetto all’iniziativa dell’Autorità garante norvegese, ribadendo che molto presto chiederà il consenso agli utenti prima di utilizzare i loro dati personali per la pubblicità comportamentale. Inoltre, Meta sostiene che la richiesta di Datatilsynet all’EDPB non rientri tra le competenze delle autorità locali, lamentando altresì una mancanza di potere dell’autorità garante norvegese stessa nei suoi confronti in quanto l’autorità capofila di Meta è la DPC irlandese.

Quel che è certo è che l’Autorità garante norvegese, tramite Tobias Judin, ha dichiarato che è molto incerto se e quando Meta implementerà una soluzione valida per raccogliere il consenso, precisando che in Datatilsynet non possono più “tollerare attività illegali nel frattempo".

Non ci resta ora che attendere la reazione dell’EDPB a questa richiesta del garante norvegese e vedere se, nel frattempo, Meta effettivamente manterrà le promesse e inizierà a richiederci, sulle proprie piattaforme, il consenso per mostrarci la sua pubblicità comportale.

Questa vicenda potrebbe avere un impatto significativo in tutta Europa. Sullo stesso argomento si rinvia anche al seguente articolo “Pubblicità targetizzata: Meta annuncia la modifica della base giuridica nel consenso” di questa rivista.

 

Technology, Media and Telecom

Il Parlamento europeo adotta la sua posizione sul Gigabit Infrastructure Act 

Il 19 settembre 2023 la Commissione europarlamentare per l’industria, la ricerca e l’energia (Committee on Industry, Research and Energy, “ITRE”) ha adottato la propria posizione sulla proposta di Gigabit Infrastructure Act presentata dalla Commissione europea a febbraio 2023. La posizione assunta dal Parlamento è riportata nel Report pubblicato il 25 settembre scorso.

La proposta relativa al Gigabit Infrastructure Act reca una disciplina specifica per le infrastrutture Gigabit sotto la forma di un regolamento. La proposta di regolamento fa parte del cd. connectivity package, ossia un pacchetto di misure presentato dalla Commissione a febbraio 2023 che ricomprende anche una consultazione esplorativa sul futuro del settore della connettività e delle relative infrastrutture e un progetto di raccomandazione sulla connettività Gigabit, ossia la connettività che consente la velocità di 1 Gigabit al secondo.

Il progetto di Gigabit Infrastructure Act ha ad oggetto misure per ridurre i costi per la realizzazione di reti di comunicazioni elettroniche in tecnologia Gigabit e prevede l’abrogazione della direttiva 2014/61/UE, recante l’attuale disciplina sulla riduzione dei costi di installazione di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità. In particolare, l’obiettivo del regolamento – come si legge nel relativo briefing – è quello di facilitare e stimolare la fornitura di reti ad altissima capacità, promuovendo l’uso congiunto delle infrastrutture fisiche già esistenti e consentendo una realizzazione più efficiente delle nuove infrastrutture fisiche.

La proposta di normativa sulle infrastrutture Gigabit contiene previsioni in materia di (i) accesso alle infrastrutture fisiche esistenti; (ii) procedure semplificate e più rapide per il rilascio delle autorizzazioni necessarie; (iii) trasparenza; (iv) accesso all’infrastruttura fisica interna agli edifici (cd. in-building physical infrastructure) e al cablaggio in fibra.

La proposta di regolamento è stata accolta con favore dalla commissione ITRE, che, definendo nel Report tale progetto come un “passo nella giusta direzione, volto a facilitare e incentivare la realizzazione di reti ad altissima velocità”, ha approvato il testo proposto dalla Commissione europea apportandovi alcuni emendamenti.

I principali emendamenti proposti dal Parlamento hanno ad oggetto, tra l’altro:

  • misure finalizzate a garantire la copertura di connettività nelle aree rurali, remote o scarsamente popolate;
  • la riduzione delle tempistiche relative ai procedimenti per la concessione delle autorizzazioni, per il coordinamento delle richieste di accesso e per la risoluzione delle controversie;
  • l’inclusione delle tower companies (ossia, società impegnate principalmente nelle attività di costruzione, gestione e locazione di torri per le comunicazioni elettroniche) nell’ambito di applicazione del regolamento. Tra l’altro, nel Report viene evidenziata la necessità che anche le tower companies beneficino di procedure autorizzative più rapide, considerato il ruolo fondamentale che tali operatori rivestiranno nello sviluppo di reti di comunicazioni elettroniche wireless ad alta velocità;
  • una cooperazione rafforzata tra le autorità competenti per il coordinamento delle richieste di accesso. In particolare, la commissione ITRE propone di introdurre un apposito organismo incaricato della concessione delle autorizzazioni per il caso in cui siano coinvolte più autorità, con l’obiettivo dichiarato di “ridurre gli oneri amministrativi e garantire tempi più brevi per la procedura di concessione dei permessi”;
  • il coinvolgimento degli stakeholders e del BEREC nel processo di adozione di norme, standard tecnici e linee guida;
  • l’abolizione definitiva dei costi delle chiamate tra interlocutori situati nel territorio degli Stati membri (le cd. chiamate intra-EU), attualmente previsti dal Regolamento 2015/2120 e in scadenza a maggio 2024.

Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Le nuove iniziative presentate dalla Commissione europea per la trasformazione del settore della connettività nell’UE”.

 

Intellectual Property

Il Tribunale UE sulla validità di un marchio a tutela del logo associato a un noto personaggio dei fumetti

Con una recente sentenza, il Tribunale dell’Unione Europea ha confermato la validità di un marchio avente ad oggetto il logo di un noto personaggio dei fumetti statunitensi, confermandone il carattere distintivo per i prodotti di abbigliamento contrassegnati. La funzione distintiva di un marchio non può dunque escludersi per il semplice fatto che lo stesso sia associato a un personaggio di fantasia.

  • I fatti 
    Nel gennaio 2019, veniva presentata all’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale (“EUIPO”) una domanda di dichiarazione di nullità di un marchio figurativo europeo ai sensi all'articolo 59, paragrafo 1, lettera a), RMUE, depositato il 1° aprile 1996 e successivamente registrato, a tutela di un logo associato a un personaggio dei fumetti statunitensi, di titolarità di una nota casa editrice statunitense. La domanda, che aveva ad oggetto prodotti di abbigliamento compresi nelle classi 25 e 28, veniva poi integralmente respinta dalla Divisione di Annullamento, a valle del rifiuto emesso rispetto alla richiesta di poter limitare la portata della domanda di dichiarazione di nullità ad una selezione di prodotti ritenuti non corrispondenti alle voci designate dal marchio contestato.
    Il 14 luglio 2020, le richiedenti proponevano ricorso avverso tale decisione dinanzi alla Seconda Commissione di Ricorso (“Commissione”), poi respinto. In tale sede, la Commissione: i) ha stabilito che la Divisione di Annullamento aveva agito correttamente nel ritenere che l'esame della domanda di dichiarazione di nullità dovesse basarsi sui prodotti indicati originariamente nel modulo di domanda; ii) ha riconosciuto il carattere distintivo del marchio per i prodotti offerti dalla casa editrice, aderendo così al ragionamento della Divisione di Annullamento e rilevando, tra l’altro, l’assenza di prove a dimostrazione del fatto che, al momento del deposito del marchio contestato, tale personaggio fosse associato ad un'altra origine commerciale o, ancora, che prima del suo deposito, fosse utilizzato sul mercato dei prodotti in questione senza che la titolare ne avesse dato l'autorizzazione.
    Successivamente, la decisione della Commissione è stata impugnata dinanzi al Tribunale dell’Unione Europea, che ha nuovamente respinto il ricorso con una sentenza datata 7 giugno 2023.
  • La sentenza del Tribunale UE
    Il Tribunale dell’Unione Europea, nel confermare la validità del marchio della casa editrice a tutela del logo del noto personaggio dei fumetti, giudicato distintivo per prodotti di abbigliamento compresi nelle classi 25 e 28 (articolo 7, paragrafo 1, lettera b), RMUE), ha stabilito che la funzione distintiva di un marchio non può escludersi per il semplice fatto che il segno sia associato a un personaggio di fantasia. Inoltre, ha giudicato le prove addotte dalle richiedenti la nullità non idonee a dimostrare che nel 1996, alla data della domanda di marchio, il pubblico di riferimento non avrebbe associato il personaggio dei fumetti alla casa editrice o che, a quella data, lo stesso fosse associato a un'altra origine commerciale. Infine, il Tribunale ha escluso la natura descrittiva del segno sostenuta dalle ricorrenti, non avendo le stesse fornito elementi sufficienti a provare che il marchio contestato è idoneo a descrivere le caratteristiche del personaggio e, ancor più, quelle dei prodotti contraddistinti.
    Su un simile argomento può essere interessante l’articolo “Il Japan Patent Office rigetta l’opposizione di una casa di distribuzione cinematografica volta a tutelare un noto personaggio dei cartoni animati”.

La Cassazione amplia la tutela anche se il termine è di uso comune

La battaglia legale tra una importante società operante nel settore della moda e un’azienda attiva nel settore food giunge ad un parziale epilogo in Cassazione dopo ormai sette anni: con la recente pronuncia gli ermellini sanciscono nuovi principi in merito alla tutela dei brand dotati di notorietà.

Il tutto prende le mosse nel 2016 dall’opposizione del gruppo di moda alla registrazione di un brand richiesta dall’azienda del settore food. L’opponente è infatti titolare di un omonimo marchio dell’Unione europea dal 2011. L’UIBM accoglie l’opposizione sostenendo che i due marchi avessero somiglianze a livello visivo, fonetico e concettuale; sottolinea inoltre che il marchio gode ormai di una certa notorietà, elemento che gli consente di avere un proprio carattere distintivo. Ulteriore elemento che spinge l’UIBM ad accogliere l’opposizione è costituito dalla classe nella quale sono registrati i due marchi, ai sensi dell’art. 12, comma 1, lettera d) c.p.i.: la società del food ha proposto domanda per la classe italiana 43 “servizi di ristorazione (fast food), catering in caffetterie fast food ristoranti fast food”, in modo analogo, anche il precedente marchio dell’azienda di moda è registrato nella classe UE 43, corrispondente a “Alloggi temporanei: Servizi per la somministrazione di bevande e alimenti”. Per quanto possa sembrare assurdo che un brand di abbigliamento registri il proprio marchio anche per prodotti della ristorazione, molti sono gli esempi di case di moda che aprono ormai all’ordine del giorno ristoranti esclusivi in terrazze e ville storiche. Per questi motivi, l’UIBM conclude che il rischio di confondibilità è attuale e accoglie l’opposizione.

La società operante nel settore food però, non volendosi dare per vinta, propone ricorso davanti alla Commissione ricorsi, che andrà a ribaltare completamente la decisione precedente, sulla base della valutazione dell’utilizzo del termine boss nel gergo comune. Il termine, come è ben noto, è di origine angloamericana e si riferisce, in generale, a colui/colei che esercita una posizione in cui è implicito un potere, un’autorità; valuta sempre la Commissione che la parola ha assunto in Italia molteplici significati, venendo utilizzata anche in modo scherzoso, come avviene, per esempio, per alcuni programmi televisivi ed è proprio per tale motivo che non può ormai essere monopolizzato dall’azienda di abbigliamento. A fronte di queste valutazioni, è evidente che il marchio sia qualificato dalla commissione ricorsi come un marchio debole, in ragione del fatto che, nella percezione collettiva, è bastevole aggiungere l’articolo “il” prima e l’espressione “dei panini” dopo, per escludere la confondibilità.

L’ultimo passaggio della vertenza è la Cassazione, la quale prende in considerazione aspetti non valutati dalla Commissione ricorsi: la natura patronimica del marchio e la notorietà di cui esso gode. Da tali due elementi emerge chiaramente che il marchio del gruppo di abbigliamento è un marchio forte e, come tale, necessita di una tutela più ampia. In ultima analisi, la Corte rimette alla Commissione le indagini sul se l’assenza di novità del marchio debba essere affermata non solo avendo riguardo al rischio di confusione, ma anche al rischio di agganciamento, di cui all’art. 12 lett. e) c.p.i.

La vertenza è quindi ancora aperta e starà alla Commissione ricorsi valutare, sulla base delle indicazioni fornite dalla Cassazione, se sia possibile o meno registrare il predetto marchio.

Su un simile argomento può essere di interesse:” Tutela rafforzata di marchio notorio per diluzione”.

 


La rubrica Innovation Law Insights è stata redatta dai professionisti dello studio legale DLA Piper con il coordinamento di Arianna Angilletta, Carolina Battistella, Carlotta Busani, Giorgia Carneri, Silvia CerratoMaria Rita Cormaci, Camila Crisci, Cristina Criscuoli, Tamara D’Angeli, Chiara D’Onofrio, Federico Maria Di Vizio, Enila Elezi, Chiara Fiore, Claudia Galatioto, Laura Gastaldi, Vincenzo Giuffré, Filippo Grondona, Marco Guarna, Nicola Landolfi, Giacomo Lusardi, Valentina Mazza, Lara Mastrangelo, Maria Chiara Meneghetti, Dalila Mentuccia, Deborah Paracchini, Tommaso Ricci, Rebecca Rossi, Roxana Smeria, Massimiliano Tiberio, Alessandra Tozzi, Giulia Zappaterra

Gli articoli in materia di Telecommunications sono a cura di Massimo D’Andrea, Flaminia Perna e Matilde Losa.

Per maggiori informazioni sugli argomenti trattati, è possibile contattare i soci responsabili delle questioni Giulio Coraggio, Marco de Morpurgo, Gualtiero Dragotti, Alessandro Ferrari, Roberto Valenti, Elena Varese, Alessandro Boso Caretta, Ginevra Righini.

Scoprite Prisca AI Compliance, il tool di legal tech sviluppato da DLA Piper per valutare la maturità dei sistemi di intelligenza artificiale rispetto alle principali normative e standard tecnici qui.

È possibile sapere di più su “Transfer”, il tool di legal tech realizzato da DLA Piper per supportare le aziende nella valutazione dei trasferimenti dei dati fuori dello SEE (TIA) qui e consultare una pubblicazione di DLA Piper che illustra la normativa sul Gambling qui, nonché un report che analizza le principali questioni legali derivanti dal metaverso qui, e una guida comparativa delle norme in materia di loot boxes qui.

DLA Piper Studio Legale Tributario Associato tratta i dati personali in conformità con l'informativa sul trattamento dei dati personali disponibile qui.

Qualora non si volesse più ricevere gli Innovation Law Insights o ci si volesse iscrivere alla stessa, è possibile inviare un'email a Silvia Molignani.