Antitrust Bites – Newsletter
Settembre 2024Abrogazione del comma 2-quater dell'articolo 8 della legge 287/1990: le problematiche concorrenziali individuate dall'AGCM
Il 16 settembre 2024 l'AGCM ha pubblicato un parere nel quale ha esposto le problematiche concorrenziali connesse all'abrogazione – disposta dall'art. 10, comma 2, del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113 – del comma 2-quater dell'articolo 8 della legge 287/1990, ai sensi del quale le imprese esercenti la gestione di servizi di interesse economico generale (SIEG) o operanti in regime di monopolio devono rendere accessibili, a condizioni equivalenti, i beni o servizi resi disponibili alle società partecipate o controllate anche alle imprese direttamente concorrenti.
In primo luogo, l'AGCM si sofferma sulla ratio della disposizione, introdotta dal legislatore per riequilibrare il vantaggio che il titolare di un SIEG o di un monopolio legale può conferire alle proprie controllate nei mercati collegati, mettendo a loro disposizione gli asset utilizzati per la gestione del SIEG o del monopolio. In particolare, la norma mira a garantire un "level playing field" tra i concorrenti attivi in tali mercati collegati, che verrebbe compromesso se ad un operatore fosse permesso di entrare in un mercato in libera concorrenza potendo contare su asset non accessibili ai terzi, di cui ha la disponibilità esclusiva in quanto gestore del SIEG o del monopolio legale.
Nel suo parere, l'AGCM evidenzia che l’abrogazione della norma in esame potrebbe pregiudicare la concorrenza nei mercati in cui sono attive società partecipate o controllate da imprese che gestiscono SIEG o operano in regime di monopolio. Tali società si troverebbero in una situazione di vantaggio rispetto alle imprese terze, che non potrebbero accedere alle medesime risorse, con una conseguente violazione del principio della parità delle armi.
Nel parere si osserva inoltre che gli effetti del comma 2-quater dell'art. 8 L. 287/1990 – diversamente da quanto indicato nella relazione illustrativa del decreto-legge 113/2023 per giustificarne l'abrogazione – non sembrano essere interamente trasposti e assorbiti nelle altre discipline settoriali vigenti in Italia. Se è vero che certe discipline, come per esempio quelle inerenti ai settori energetico, ferroviario e delle telecomunicazioni, recepiscono il principio alla base del comma 2-quater, è altrettanto vero che norme analoghe non sono presenti in altri settori caratterizzati dalla presenza di SIEG erogati in regime di esclusiva, quali i settori del servizio idrico integrato, dell’illuminazione pubblica, dell’igiene urbana, del teleriscaldamento e del servizio universale postale. L'AGCM ritiene dunque che il riferimento al principio generale contenuto nella norma che si intende abrogare risulti imprescindibile per colmare eventuali lacune delle regolazioni di settore.
In conclusione, e a valle delle considerazioni esposte nel suo parere, l'AGCM sostiene l'importanza del mantenimento dell'art. 8, comma 2-quater, della legge 287/1990, nell'ordinamento nazionale, chiedendo alle istituzioni competenti di valutare la soppressione della norma che lo abroga.
La prima pronuncia della Corte di Giustizia UE sull'ambito di applicazione dell'art. 22 EUMR
Lo scorso 3 settembre, la Corte di Giustizia dell’UE – concludendo una nota vicenda giudiziaria – si è pronunciata per la prima volta sull'ambito di applicazione dell'art. 22 Reg. UE 139/2004 (EUMR), che, come noto, prevede che gli Stati membri UE "possono chiedere alla Commissione di esaminare qualsiasi concentrazione […] che non ha dimensione comunitaria […] ma incide sul commercio fra Stati membri e rischia di incidere in misura significativa sulla concorrenza nel territorio dello Stato o degli Stati membri che presentano la richiesta" (paragrafo 1).
La sentenza in commento trae origine dall'impugnazione della pronuncia, annullata dalla Corte, con cui il Tribunale UE aveva confermato le richieste rivolte da alcuni Stati membri dell'UE alla Commissione, nonché la decisione della Commissione stessa, di aderire a una richiesta di rinvio ex art. 22(1) EUMR presentata dall'Autorité de la concurrence francese relativamente ad un'operazione di concentrazione al di sotto delle soglie previste dall'EUMR e dalle normative degli Stati membri.
Nel giudizio di primo grado, in cui le parti dell'operazione avevano impugnato la decisione della Commissione di accettare il rinvio e le richieste di adesione degli Stati membri, contestando la facoltà di attivare il rinvio quando una concentrazione non raggiunge le soglie nazionali né quelle UE, il Tribunale UE aveva rigettato l'impugnazione ritenendo che, in base a un'interpretazione letterale, storica, contestuale e teleologica dell'art. 22 EUMR, si dovesse concludere per la facoltà degli Stati membri di chiedere alla Commissione di esaminare una concentrazione che non ha dimensione comunitaria, anche se tali Stati non sono competenti a esaminare la concentrazione in base al proprio diritto nazionale.
Nella sua sentenza, la Corte ritiene invece che la corretta applicazione dei criteri interpretativi adottati dal Tribunale UE debba condurre alla conclusione opposta rispetto a quella di cui alla decisione impugnata, ponendosi così in linea con quanto già sostenuto dall'Avvocato Generale Emiliou nelle sue conclusioni di marzo 2024 (si veda Antitrust Bites – marzo 2024).
Nella pronuncia in commento, la Corte precisa tra l'altro che, diversamente da come sostenuto dal Tribunale UE, nessun documento preparatorio relativo al controllo delle concentrazioni attesterebbe una presunta volontà del legislatore UE di ricorrere al rinvio di cui all'art. 22 EUMR per rimediare alla rigidità delle soglie previste dalla normativa merger control. Né può dirsi, secondo la Corte, che il meccanismo di rinvio miri a colmare una lacuna nel sistema di controllo delle concentrazioni. Altresì errata è l'interpretazione contestuale elaborata dal Tribunale UE, secondo cui la richiesta di rinvio può essere presentata indipendentemente dall'esistenza o dalla portata di una normativa nazionale in materia di controllo ex ante delle concentrazioni.
La Corte ha concluso quindi che gli Stati membri UE privi di competenza ad esaminare una concentrazione non possono rinviarne l’esame alla Commissione ex art. 22(1) EUMR, annullando di conseguenza le decisioni impugnate.
Pubblicata la bozza di Linee guida della Commissione sugli abusi escludenti, consultazione pubblica aperta fino al 31 ottobre 2024.
La Commissione europea ha pubblicato la bozza delle nuove Linee guida sugli abusi di posizione dominante, che si concentrano sui soli abusi escludenti. Le Linee guida forniscono la visione della Commissione rispetto all'applicazione dell'Art. 102 TFUE, fondata sulla prassi decisionale della Commissione stessa e sulla giurisprudenza delle Corti UE.
La bozza delle Linee guida prevede che, per stabilire se una condotta costituisca un abuso, è necessario accertare:
- Se la condotta si discosta dalla concorrenza basata sui meriti, ossia se un comportamento va oltre la portata della “normale concorrenza” basata sui risultati degli operatori economici, dove la normale concorrenza è definita come una situazione in cui i consumatori beneficiano di prezzi meno elevati, di una migliore qualità e di una più ampia scelta di beni e servizi;
- Se la condotta è in grado di produrre effetti di esclusione della concorrenza;
- Se la condotta non è oggettivamente giustificabile.
Una delle principali novità delle Linee guida è la classificazione delle condotte rilevanti in tre diverse categorie e la relativa ripartizione dell'onere probatorio.
- Nella prima categoria di condotte, di natura residuale, la Commissione deve dimostrare che la condotta ha la capacità di produrre effetti escludenti, basandosi su "elementi di analisi e prove precisi e concreti". Tuttavia, la soglia probatoria richiesta sembra relativamente bassa, poiché non è necessario dimostrare che i concorrenti esclusi siano altrettanto efficienti (c.d. test dell'operatore altrettanto efficiente), né che il comportamento abbia causato un danno diretto ai consumatori.
- Nella seconda categoria viene introdotta una presunzione relativa per una serie di condotte: accordi di fornitura o di acquisto esclusivi; sconti subordinati all'esclusiva; applicazione di prezzi predatori; margin squeeze in presenza di scarti negativi; ed alcune forme di tying. Tali comportamenti, una volta provati da parte della Commissione, si presumono idonei a produrre effetti escludenti sulla concorrenza. Tuttavia, l'impresa dominante ha la possibilità di confutare tale presunzione presentando prove contrarie, che la Commissione sarà poi obbligata a valutare.
- Nella terza categoria rientrano le condotte adottate da un'impresa dominante che non hanno alcun obiettivo economico, se non quello di limitare la concorrenza (c.d. restrizioni manifeste - naked restrictions). Le Linee guida includono, tra gli esempi, lo smantellamento attivo da parte dell'impresa dominante di un'infrastruttura utilizzata da un concorrente o il pagamento a clienti condizionato al rinvio o all'annullamento del lancio di prodotti concorrenti. Questi comportamenti risultano, per loro stessa natura, idonei a restringere la concorrenza, per cui la Commissione non è tenuta a dimostrare gli effetti escludenti e l'onere della prova è a carico dell'impresa. Tuttavia, diversamente dalle presunzioni relative, la bozza di Linee guida prevede che solo in "circostanze eccezionali" un'impresa dominante può dimostrare che tali pratiche non siano suscettibili di produrre effetti escludenti.
Tutte le parti interessate sono invitate a presentare i loro commenti sulla bozza delle Linee guida nell'ambito della consultazione pubblica entro il 31 ottobre 2024. La Commissione prevede di adottare il testo definitivo delle Linee guida nel corso del 2025, tenendo conto anche delle osservazioni ricevute.
Pubblicato il Report di Mario Draghi sul futuro della competitività europea
Il 9 settembre scorso è stato pubblicato sul sito della Commissione europea il Report di Mario Draghi sul "futuro della competitività europea" ("The future of European competitiveness").
Il Report analizza le sfide poste dal mercato unico europeo, evidenziando alcuni profili di potenziale criticità e presentando proposte per la futura strategia industriale. Tra di esse, tra l'altro, figurano proposte di interventi in materia di diritto della concorrenza e in relazione a determinati settori.
Una sezione del Report è dedicata alle misure ritenute necessarie al fine di "migliorare la concorrenza" ("Revamping competition").
A tale riguardo, si legge nel Report, l'innovazione la concorrenza futura dovrebbero assumere un ruolo sempre più importante nelle decisioni della Commissione (DG COMP), aumentando il progresso in aree in cui lo sviluppo di nuove tecnologie potrebbe fare la differenza per i consumatori.
In quest'ottica, il Report auspica ad un mutamento della prassi e all'adozione di linee guida aggiornate che rendano il Reg. UE 139/2004 (EUMR) coerente con tali obiettivi. Tali linee guida, per esempio, dovrebbero indicare alle parti come dimostrare il maggiore potenziale innovativo derivante dall'operazione in cui sono coinvolte, garantendo così una cd. "difesa dell'innovazione". Al contempo, sottolinea il Report, dovrebbero altresì essere previsti meccanismi che prevengano l'uso distorto di tale "difesa".
Inoltre, il Report suggerisce di snellire i processi decisionali e aumentare la prevedibilità delle decisioni relative a procedimenti inerenti al diritto della concorrenza. Si evidenzia per esempio come la materia del controllo delle concentrazioni stia divenendo sempre più complessa e incerta a causa del diffondersi di prassi quali, tra le altre, l'applicazione dell'articolo 22 del Reg. 139/2004 (EUMR) anche alle concentrazioni al di sotto delle soglie previste dalle normative UE e degli Stati membri in materia di controllo delle concentrazioni. Problematica, quest'ultima, che sembrerebbe oramai superata dalla recente sentenza della Corte di Giustizia di cui parliamo anche in questa newsletter.
Il Report contiene inoltre una sezione dedicata alle settore delle comunicazioni elettroniche (reti a banda larga ad alta velocità e capacità). Come evidenzia il Report, la presenza di numerosi operatori di comunicazioni elettroniche in UE, da un lato, ha comportato una riduzione dei prezzi per i consumatori, ma dall'altro avrebbe eroso la redditività del settore, limitando la capacità delle imprese europee di raggiungere le dimensioni e le risorse necessarie per incentivare l'innovazione.
Tenuto conto di ciò, il Report elabora alcuni obiettivi inerenti al settore delle telecomunicazioni, tra cui ad esempio quello di armonizzare la normativa e di favorire le operazioni di fusione transfrontaliere in tale settore. A questi fini, il Report propone tra l'altro di ridefinire i mercati delle telecomunicazioni a livello UE, anziché a livello dei singoli Stati membri, e di ridurre la regolamentazione ex ante nazionale, che disincentiverebbe gli investimenti e l'assunzione di rischi, e di favorire piuttosto l'intervento ex post in caso di condotte anticoncorrenziali.
Recenti sviluppi sulle clausole di parità dinanzi all'AGCM e alla Corte di Giustizia UE
Le clausole di parità (o most favoured nation clauses, "MFN"), i.e. clausole con le quali viene imposto a un venditore di beni o servizi di offrire questi ultimi a un’altra parte a condizioni che non siano meno favorevoli rispetto a quelle offerte dal venditore a determinate altre parti o tramite determinati altri canali, sono state oggetto di due recenti interventi, rispettivamente a livello italiano e unionale, che hanno visto la piattaforma Booking.com come protagonista, ampliando il dibattito pluriennale in relazione alla liceità della loro utilizzazione negli accordi tra piattaforme di prenotazione (note come Online Travel Agencies, o "OTAs") e strutture alberghiere. Tali clausole si distinguono in ampie - riguardanti qualsiasi canale di vendita del prodotto o servizio, anche di terze parti - e strette - riferite solamente al canale di vendita diretto della controparte dell'accordo.
Lo scorso 12 marzo 2024 l'AGCM ha avviato un'istruttoria volta ad accertare l'esistenza o meno di un abuso di posizione dominante da parte di Booking realizzato mediante l'implementazione di due tipologie di "programmi", ossia:
- un "Programma Partner Preferiti" (cd. "PPP", nonché la sua versione "Preferiti Plus"), mediante il quale viene garantito un miglioramento della visibilità alle strutture alberghiere che vi aderiscono. Per poter accedere a tale programma, le strutture devono rispettare il requisito dei cd. "prezzi esterni", che impone loro di applicare su Booking un prezzo pari o inferiore a quello praticato sul proprio sito o dalle altre OTA; e
- un programma denominato "Sconto sponsorizzato" ("BSB"), che consente a Booking.com di applicare discrezionalmente uno sconto ulteriore ai clienti qualora emerga dall'apposito monitoraggio condotto da Booking.com che il prezzo offerto dalla struttura su tale piattaforma non sia il più competitivo all'interno del mercato.
Secondo l'Autorità, la contestuale applicazione del PPP e del BSB è potenzialmente idonea a limitare l’autonomia delle strutture alberghiere nella libera definizione della loro strategia di prezzo, riproducendo effetti eventualmente assimilabili a quelli derivanti dall’applicazione di clausole di parità (la cui introduzione negli accordi tra piattaforme di prenotazione e strutture alberghiere è vietata in Italia dal 2017).
Si tratta della seconda istruttoria aperta, a dieci anni di distanza, dall'Autorità nei confronti della medesima impresa per la sua modalità di utilizzazione delle clausole di parità.
L'8 agosto 2024 sono stati pubblicati gli impegni presentati da Booking.com, al fine di raccogliere eventuali osservazioni da parte di terzi interessati. A seguito di tali impegni, della validità di dieci anni, l'impresa non darà rilievo ai "prezzi esterni" né ai fini della partecipazione al PPP, né con riferimento al sistema degli sconti sponsorizzati. In particolare, Booking.com non darà più rilevanza ai prezzi esterni come input e rimuoverà qualsiasi riferimento alla distinzione tra prezzi competitivi e non.
Con sentenza dello scorso 19 settembre 2024, anche la Corte di Giustizia dell'Unione Europea si è pronunciata in merito alle clausole di parità utilizzate da Booking.com nei contratti stipulati con diverse strutture alberghiere. La Corte ha così potuto chiarire che entrambe le tipologie di clausole MFN (sia ampie, sia ristrette), inserite negli accordi conclusi dagli OTAs non possono sfuggire all’applicazione dell’Art. 101(1) TFUE qualificandosi come restrizioni accessorie (non escludendo, tuttavia, che esse possano beneficiare dell'esenzione di cui all'art. 101(3) TFUE).
La Corte ha infatti ricordato che affinché una restrizione della concorrenza possa qualificarsi come "accessoria" occorre, in primo luogo, che essa sia oggettivamente necessaria alla realizzazione dell'accordo e, in secondo luogo, che sia proporzionata, e cioè che sono assenti alternative realistiche e meno restrittive della concorrenza rispetto a quella considerata.
In questo caso, la Corte ha escluso che la restrizione realizzata da Booking.com possa essere giustificata, considerato tra l'altro che, non risultando impossibile la fornitura del servizio di intermediazione alberghiera in assenza delle clausole di parità, tali clausole (ampie o ristrette) non risulterebbero oggettivamente necessarie e, di conseguenza, non possono essere qualificate come restrizioni accessorie.
Viene così ad aggiungersi un ulteriore tassello alla saga relativa alle clausole MFN. Tali approcci si rivelano in linea anche con il divieto di uso di tali clausole da parte dei gatekeepers, indipendentemente dalla loro natura ampia o stretta, previsto all'articolo 5(3) del DMA. Si noti, peraltro, che Booking.com risulta comunque soggetta a tale divieto in quanto designata come gatekeeper nel maggio 2024.