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31 ottobre 202411 minuti di lettura

Antitrust Bites – Newsletter

Ottobre 2024
Il test AEC nella valutazione di un abuso di posizione dominante: gli sviluppi recenti

Con sentenza del 24 ottobre 2024 la Corte di Giustizia è tornata a pronunciarsi sulla legittimità di una decisione con cui la Commissione nel 2009 aveva accertato una violazione dell'art. 102 TFUE consistente nella concessione da parte di un'impresa in posizione dominante di sconti fedeltà nei confronti dei propri clienti, nonché di un distributore.

Con tale pronuncia la Corte di Giustizia ha confermato la sentenza del Tribunale dell'UE che nel 2022 aveva annullato la decisione della Commissione giudicandola viziata per non aver dimostrato in modo adeguato l'idoneità della condotta dell'impresa dominante a produrre effetti escludenti, anche in ragione di diversi errori commessi nello svolgimento del test del concorrente altrettanto efficiente (cd. "as efficient competitor" o "AEC" test).

Con la sentenza in commento, la Corte di Giustizia ha anzitutto rimarcato il principio secondo cui nel caso di una pratica consistente nella concessione di sconti di fedeltà, rispetto alla quale l’impresa in posizione dominante sostiene, nel corso del procedimento dinanzi alla Commissione, sulla base di elementi di prova, che essa non ha avuto la capacità di produrre gli effetti preclusivi addebitati, spetta alla Commissione analizzare non soltanto elementi quali l’ampiezza della posizione dominante dell’impresa, il tasso di copertura del mercato da parte degli sconti contestati nonché le condizioni e le modalità di concessione degli sconti di cui trattasi, la loro durata e il loro importo, ma anche l’eventuale esistenza di una strategia diretta a escludere i concorrenti quantomeno altrettanto efficienti. Per analizzare quest'ultimo aspetto – come precisato dalla Corte – si ricorre, generalmente, al test AEC.

La Corte di Giustizia ha poi respinto le doglianze formulate dalla Commissione in merito agli errori rilevati nell'applicazione del test AEC ad alcuni clienti dell'impresa dominante, confermando le valutazioni del Tribunale al riguardo.

Sul punto, la Corte ha osservato:

  • anzitutto, che il Tribunale UE ha correttamente messo in dubbio la fondatezza del test AEC relativo ad un cliente dell'impresa dominante, avendo la Commissione effettuato le proprie valutazioni considerando quale quota contendibile relativa a tale cliente una quota del 7,1% del proprio fabbisogno sulla base di alcuni fogli di calcolo; ciò sebbene la quota contendibile risultasse verosimilmente superiore sulla scorta di altre stime, menzionate dalla stessa Commissione nella sua decisione, e, in base alle evidenze prodotte dall'impresa dominante, addirittura pari al 25%.
  • che, come correttamente rilevato dal Tribunale UE, la Commissione ha applicato in maniera errata il test AEC nei confronti di un cliente cui l'impresa dominante aveva concesso sconti in parte sotto forma di vantaggi in natura (si trattava dell'estensione di una garanzia standard e della messa a disposizione di una piattaforma dell'impresa dominante in Cina). Per condurre il test AEC, la Commissione aveva valutato il beneficio che tali sconti in natura rappresentano per il loro destinatario e non il costo sostenuto dall'impresa dominante per concedere gli sconti. Tale approccio, secondo la Commissione, si dovrebbe adottare indipendentemente dal tipo di sconto, a prescindere quindi dal fatto che il beneficio sia concesso in natura o sotto forma di pagamenti in contanti. Di tutt'altro avviso la Corte di Giustizia, la quale ha ritenuto che tale approccio sia contrario ai fondamenti del test AEC. Secondo la Corte, infatti, quando gli sconti sono concessi in contanti, il loro valore è oggettivo e identico sia per l'impresa dominante che per il loro beneficiario, ma quando uno sconto è concesso in natura (anche solo parzialmente), occorre valutarlo, prendendo in considerazione un ipotetico concorrente con una struttura di costi analoga a quella dell'impresa in posizione dominante, e apportando ove occorra gli adeguamenti necessari per tener conto del fatto che il concorrente altrettanto efficiente non detiene una posizione dominante.

La Corte ha infine analizzato le censure della Commissione inerenti alla valutazione da parte del Tribunale delle conseguenze da trarre dagli errori riscontrati nel test AEC, chiarendo la portata del controllo giurisdizionale che il Tribunale UE può esercitare rispetto alla valutazione condotta dalla Commissione. In particolare, la Corte ha precisato che non spettava al Tribunale UE – prima di pronunciare l'annullamento parziale della decisione della Commissione per vizi nell'AEC test – esaminare se gli sconti contestati avessero la capacità di escludere un concorrente efficiente quanto l'impresa dominante, fondandosi, ai fini di tale esame, su elementi diversi da quelli sui quali la Commissione si era fondata al fine di dimostrare tale capacità. In particolare, non spettava al Tribunale verificare se una siffatta capacità potesse essere dimostrata mediante un ragionamento privo degli errori da esso constatati nel test AEC svolto dalla Commissione, nei limiti in cui tale ragionamento non è formulato nella decisione della Commissione in un modo che consenta di dedurre che tale ragionamento può supportare il dispositivo della decisione (e quindi portare alle medesime conclusioni) indipendentemente dai punti della motivazione affetti da vizi.

 

Moral suasion dell'AGCM per l'utilizzo di green claims nel settore dei veicoli elettrici per la mobilità urbana

Il 9 ottobre 2024 l'AGCM ha reso noto di aver concluso positivamente un intervento di moral suasion che ha portato alla modifica delle asserzioni e dei vanti ambientali – cd. green claims – indicati da due società sui rispettivi siti web relativamente a veicoli elettrici per la mobilità urbana, poiché ritenuti potenzialmente scorretti ai sensi della disciplina a tutela dei consumatori.

I green claims in questione consistevano in espressioni quali "100% sostenibile", "100% Green", "Zero emissioni", "Impatto zero sull'ambiente", "ECO" che – come rilevato dall'AGCM – erano formulate in termini assoluti e generici e non indicavano a quale aspetto o fase del ciclo di vita dei veicoli elettrici si riferissero (se, per esempio, alla loro produzione, distribuzione, o altro).

Già nel 2015, l'Autorità aveva utilizzato con successo lo strumento della moral suasion per far sì che alcuni operatori della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) rimuovessero i profili di scorrettezza connessi ai vanti ambientali di biodegradabilità apposti dagli stessi su sacchetti di plastica per l'asporto merci – i cd. shopper – che erano tuttavia privi di tale caratteristica, essendo a base di plastica additivata.

Di recente l'AGCM ha altresì avviato un procedimento istruttorio nei confronti di un'impresa del settore del cd. fast-fashion o super-fast-fashion, che, secondo l'ipotesi istruttoria, adotterebbe strategie di comunicazione con tratti ingannevoli/omissivi in tema di sostenibilità (tanto con riferimento alle caratteristiche di alcuni prodotti quanto al proprio impegno relativo a tematiche ambientali).

I recenti interventi confermano l'impegno dell'AGCM nella lotta contro le pratiche di cd. greenwashing, al fine di tutelare i consumatori che, come più volte osservato dall'Autorità nei suoi precedenti, sono sempre più sensibili alle tematiche ambientali.

 

La Corte di Giustizia UE chiarisce che le riduzioni di prezzo devono essere determinate sulla base del "prezzo precedente"

Con sentenza del 26 settembre 2024 (Caso C-330/23), la Corte di Giustizia dell'UE si è pronunciata su un rinvio pregiudiziale formulato da una corte tedesca relativo all'interpretazione della disciplina sugli annunci di riduzioni di prezzo di cui all'art. 6 bis della Direttiva 98/6/CE. Tale norma prevede che ogni annuncio di riduzione di un prezzo debba indicare il "prezzo precedente", inteso quale prezzo più basso applicato dal professionista durante un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni prima dell'applicazione della riduzione di prezzo in questione.

La Corte è stata chiamata a chiarire se la previsione in esame esige che una riduzione di prezzo annunciata sotto forma di una percentuale o di una dicitura pubblicitaria diretta a sottolineare il carattere vantaggioso del prezzo annunciato debba essere determinata sulla base del "prezzo precedente" oppure se, ai fini del rispetto della norma, è sufficiente menzionare il "prezzo precedente", senza che tale prezzo costituisca la base di calcolo effettiva di una siffatta riduzione.

La Corte ha chiarito che, per migliorare l'informazione dei consumatori e agevolare il confronto dei prezzi, ossia gli obiettivi perseguiti dalla direttiva, bisogna interpretare l'articolo 6 bis nel senso che la riduzione di prezzo deve essere calcolata sul prezzo precedente. Ne consegue – precisa la Corte – che il prezzo di vendita di un prodotto presentato in un annuncio come prezzo ridotto non può essere, in realtà, lo stesso del "prezzo precedente" o essere addirittura superiore ad esso.

Tale conclusione è valida sia rispetto alle riduzioni di prezzo in percentuale, sia rispetto a diciture con cui si annuncia il carattere vantaggioso del prezzo (nel caso di specie: "prezzo sensazionale").

 

Le conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione dei terzi nei procedimenti di valutazione delle concentrazioni dell'AGCM

Con la sentenza n. 8104/2024 del 9 ottobre 2024 il Consiglio di Stato, confermando il provvedimento con cui l'AGCM al termine della fase preistruttoria (c.d. fase 1) del procedimento di valutazione di una concentrazione aveva autorizzato un'operazione di concentrazione intervenuta tra due imprese, ha messo in luce le possibili conseguenze derivanti dalla mancata formulazione di osservazioni in sede procedimentale da parte di soggetti terzi potenzialmente interessati dalla concentrazione.

La sentenza si pronuncia infatti sul ricorso promosso da un concorrente delle parti della concentrazione avverso il provvedimento con il quale l'AGCM aveva deliberato di non avviare l'istruttoria sulla concentrazione in questione, ritenendolo illegittimo ed errato, anche in ragione di una carente istruttoria e di un travisamento dei fatti rispetto a tutti gli usuali indici e parametri di applicazione della normativa antitrust alle operazioni di concentrazione.

Prima di affrontare il merito dell'appello (che è stato in toto respinto), il Consiglio di Stato ha evidenziato che l'appellante non aveva formulato all'AGCM le proprie osservazioni in merito alla concentrazione a seguito della pubblicazione del relativo avviso al mercato diffuso sul sito internet dell'AGCM e non aveva quindi preso parte alla fase preistruttoria del procedimento di valutazione della concentrazione, nella quale è concesso a qualunque terzo che ritenga di avere un interesse di presentare le proprie osservazioni all’Autorità.

Il Consiglio di Stato ha rilevato in proposito come la mancata partecipazione dell'appellante al procedimento nella fase preistruttoria avesse impedito all'AGCM di confutare compiutamente e specificamente in sede procedimentale i rilievi formulati dall'appellante (per la prima volta) dinanzi al giudice amministrativo. Ciò, ad avviso del Consiglio di Stato determina astrattamente il rischio che il Giudice venga a sostituirsi all’amministrazione nella valutazione dei fatti e dei rilievi dedotti in giudizio dall’appellante e mai valutati in precedenza dall’Autorità e può quindi comportare un travalicamento dei limiti del sindacato di legittimità che, come noto, non consente ai giudici di sostituire le valutazioni dell'amministrazione con quelle giudiziali.

 

Pubblicazione del Competition Policy Brief "Competition in Generative AI and Virtual Worlds

Nel Competition Policy Brief della DG Competition della Commissione europea riguardante l'intelligenza artificiale (IA) generativa e i Virtual Worlds – ossia realtà basate su tecnologie 3D e di realtà estesa che consentono di coniugare in tempo reale la realtà fisica e digitale – è offerta un'analisi delle dinamiche di mercato e dei potenziali rischi per la concorrenza in questi settori.

Quanto alle tendenze del settore dell'IA, il Policy Brief osserva anzitutto un aumento dell'integrazione verticale dei grandi player del mercato digitale e di partnership tra questi e più piccoli sviluppatori di modelli di IA, la crescita di modelli di IA più piccoli ed efficienti e il crescente sviluppo di modelli di IA open source.

Tra le principali criticità concorrenziali che possono interessare il settore dell'Intelligenza Artificiale, il Policy Brief individua anzitutto il rischio che gli operatori di grandi dimensioni, dotati di accesso alle risorse chiave per lo sviluppo di modelli di IA generativa (come ad esempio, dati, capacità cloud e di calcolo, competenze tecniche), possano impedirne o limitarne l'accesso ai concorrenti. Vi è poi il rischio che i grandi operatori dei foundation models di IA possano sfruttare il loro potere di mercato al fine di distorcere la concorrenza nel mercato a valle della distribuzione di applicazioni basate sull'Intelligenza Artificiale. Il Policy Brief individua poi il rischio di possibili accordi orizzontali in grado di agevolare lo scambio di informazioni sensibili da un punto di vista commerciale o restringere la concorrenza tra concorrenti e il rischio che gli operatori verticalmente integrati possano adottare politiche di margin squeeze. È infine evidenziato il rischio di possibili killer acquisitions volte a impedire la crescita di nuovi operatori nel mercato e proteggere la posizione dei player esistenti.

Allo scopo affrontare tali rischi – si apprende dal Policy Brief – la DG Competition intende seguire un approccio combinato che includa l'applicazione delle regole antitrust, della disciplina merger control e delle disposizioni del Digital Markets Act.